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Sport e gioco al tempo dei Romani



Nei giorni festivi e quando era possibile, i ragazzi romani si dedicavano ai giochi, alcuni dei quali sono sopravvissuti fino ai nostri tempi; giocavano per esempio a «testa o croce» con una moneta, o a «mosca cieca», oppure, se si trovavano in gruppo, a «fare i soldati». Anche gli adulti giocavano: due giochi molto in voga erano quelli dei dadi e un altro che ricorda quello degli scacchi. 
Un passatempo più virile del gioco era l’attività sportiva, cui i giovani romani dedicavano parecchie ore al giorno. Molti sport si praticavano a Campo Marzio: si cavalcava, si guidavano bellissimi cocchi, ci si addestrava nella ginnastica a corpo libero, ecc. Il Tevere invitava i più vigorosi ad attraversarlo a nuoto, vincendo la forte corrente. Presso gli antichi romani il nuoto era molto più diffuso di oggi; un uomo che non sapeva nuotare era disprezzato, come facevano i greci, che per indagare un incapace dicevano: «Non sa né scrivere né nuotare».
 

Oltre al gioco e al nuoto, la gioventù romana amava anche cacciare; si diceva: «Andare a caccia, fare il bagno, giocare, ridere, questo è vivere».

Una grande smania per il ballo invase Roma dopo le guerre puniche. Sembra che dopo conflitti particolarmente sanguinosi, i giovani sentano un grande desiderio di danzare per liberarsi della paura della morte e ritornare a godersi la vita. La stessa cosa, infatti, si è verificata in Europa, dopo le due guerre mondiali.
Nell’età imperiale molti ragazzi e addirittura uomini e si abbandonavano alle danze, nonostante le critiche dei moralisti. Perfino l’imperatore Caligola danzava molto, sia di giorno che di notte.
 
Gli spettacoli e le terme
Durante l’età repubblicana gli spettacoli preferiti dai romani erano le rappresentazioni teatrali. All’inizio il pubblico doveva stare in piedi, perché il teatro si riduceva a un palco di legno, che dopo la rappresentazione veniva smontato. Più tardi, quando i teatri furono costruiti in pietra, vennero predisposte, in platea, delle panche su cui i cittadini potevano sedere. Ogni classe sociale aveva il suo posto ben definito: la prima fila era riservata ai senatori, poi venivano i cavalieri e dopo ancora gli altri; in fondo, in piedi, se ne stavano gli schiavi.
Gli spettacoli si tenevano di giorno, ma molti cittadini, specialmente in occasione di quelli più interessanti, per assicurarsi i posti migliori andavano a teatro la mattina all’alba, portando con sé cibo, acqua e un cuscino. Aspettando l’inizio della rappresentazione si passava il tempo in chiacchiere. A volte gli animi si riscaldavano e avvenivano risse gigantesche.
Gli attori, come gli autori delle opere teatrali, erano liberti o schiavi, ma sul palcoscenico erano loro i protagonisti, che cantavano, danzavano, recitavano, sempre con il volto coperto da una maschera che caratterizzava il personaggio: l’avaro, il giovane, la donna, il vecchio, il potente, ecc. Le opere preferite erano le commedie, ma soprattutto i drammi, ricchi di colpi di scena. 
Durante l’età imperiale gli spettacoli più amati dai romani erano quelli del circo, che si tenevano nel Circo Massimo o nel Circo Flaminio; successivamente anche nell’anfiteatro Flavio (Colosseo). Gli anfiteatri erano talmente grandi da contenere fino a 50.000 persone, il Colosseo addirittura ne conteneva 87.000. Gli spettacoli più importanti che vi si tenevano erano i combattimenti tra animali feroci e gladiatori (il termine deriva da gladius, corta spada di cui spesso il combattente era armato), oppure fra gladiatori e reziari (combattenti armati di rete e tridente).

La lotta si concludeva con la morte di uno dei contendenti; il popolo poteva salvare la vita al gladiatore ferito sventolando un fazzoletto, oppure poteva decretarne la morte, rivolgendo il pollice della mano destra verso il basso. Era soprattutto l’imperatore che aveva il diritto di risparmiare la vita al vinto, ma non lo faceva quasi mai.
A volte lo spettacolo consisteva nell’esecuzione delle condanne capitali: i criminali, generalmente, venivano dati in pasto alle belve.
 
Dopo gli spettacoli i romani si recavano alle terme; essi, a differenza di molti popoli antichi, amavano curare l’igiene personale. A questo scopo c’erano bagni privati, riservati ai ricchi e ai nobili, e le terme, cioè i bagni pubblici, dove chiunque poteva entrare pagando una piccolissima somma o addirittura gratuitamente. Nelle terme non si andava solo a fare il bagno: esse erano luoghi di incontro in cui ci si trovava con gli amici, si concludevano affari, si parlava di politica, ecc.
 
 
(tratto da «Il Corso della Storia» di G. Delle Donne e A. Landi, pp. 243-247, editoriale Paradigma)




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