Nedo Nadi
Nedo Nadi, livornese classe 1893, è stato un atleta di un carisma e di una personalità unici, nonché il più grande schermidore di tutti i tempi.
Figlio del severo brigadiere dei pompieri Beppe, imparò l’arte della scherma al circolo Fides, in cui il padre era maestro d’armi. Beppe, a sua volta allievo del grande Eugenio Pini, allenò Nedo e l’altro figlio Aldo con la stessa durezza e intransigenza riservata agli altri aspiranti schermidori, preferendo insegnare fioretto e sciabola piuttosto che la spada (le cui regole di combattimento erano considerate da Beppe troppo poco rigide). Nedo, che già da piccolo mostrava un carattere e una determinazione fuori dal comune, affascinato comunque dalla spada, decise di studiarla di nascosto.
A proposito del rapporto tra i due fratelli scrive Michele Fronterrè sulle pagine di LibMagazine [a questo indirizzo]: «I caratteri dei due fratelli sono cariche di segno opposto. Ma si respingono. Segno che l’elettromagnetismo poco o nulla serve se si vuole spiegare la natura umana e le dinamiche dei legami di sangue. Nedo Nadi è robusto, è il più grande. Rispetta il padre ed è ubbidiente. Olimpionico, marito fedele. Vivrà nella morigeratezza, “in una casa discreta, amabile di una coppia senza figli, quindi metodica”. Morirà giovane. Aldo è il più giovane. Dandy, esteta, pieno dei vizi. Li affronta, li beve, li batte ma li subisce».
Nedo vinse la sua prima gara ufficiale a Vigevano nella categoria giovanetti di fioretto a soli 12 anni e già nel 1909 conquistò a Vienna il primo successo internazionale nel «Torneo dell’Imperatore». Compiuti 18 anni fu convocato dalla Federazione che, colpita dalla bravura del ragazzo, lo ingaggiò nella squadra che avrebbe gareggiato all’Olimpiade di Stoccolma del 1912. Qui, nella finale di fioretto individuale, Nedo vinse a sorpresa il duello con il connazionale e favorito Pietro Speciale.
La Prima Guerra Mondiale interruppe la carriera sportiva del giovane; arruolato in cavalleria e impegnato 4 anni al fronte fu tra i primi a entrare a Trento (ottenne due medaglie al valore militare). Al termine del conflitto Nadi puntò dritto verso le Olimpiadi di Anversa in programma nel 1920; decise di allenarsi in tutte e tre le armi, sia a livello individuale che a squadre. Nominato capitano della spedizione azzurra, pretese e ottenne dalla Federazione di selezionare personalmente la squadra olimpica di scherma.
Il capitano azzurro si aggiudicò l’oro nei concorsi individuali di fioretto, vincendo in finale contro il transalpino Philippe Cattiau, e di sciabola, battendo il fratello Aldo che, nel frattempo, era a sua volta diventato un ottimo schermidore; non riuscì a conquistare il 3/3 perché un attacco intestinale gli impedì di disputare la gara di spada. In compenso ottenne l’oro nelle prove a squadre di tutte le discipline – fioretto, spada e sciabola, vinte rispettivamente contro Francia, Belgio e ancora Francia. 5 ori in totale per Nadi: un trionfo assoluto. Alla terza medaglia il re del Belgio, Alberto I, lo apostrofò chiedendogli «Siete ancora qui, Monsieur Nadi?»; e l’azzurro per nulla intimorito: «Con il Vostro permesso, conto di tornare ancora davanti a Vostra Maestà».
La scherma aveva ormai consacrato un campione di eleganza, di sportività, di umiltà e fierezza al tempo stesso.
Accettando un’offerta del Jockey Club di Buenos Aires che lo voleva come atleta professionista e istruttore si trasferì in Argentina ma contrasse una malattia di cui non si hanno informazioni precise e da cui si riprese con qualche difficoltà.
Tornato in Italia continuò a gareggiare fino al 1931, rinunciando però all’agonismo e preferendo limitarsi al ruolo di allenatore della Nazionale, come da esplicita richiesta di Benito Mussolini (che comunque dovette accettare il suo rifiuto a diventare il simbolo dello Stato fascista). Grazie agli insegnamenti di Nadi gli azzurri della scherma trionfarono anche ai Giochi Olimpici di Los Angeles, nel 1932, e a quelli di Berlino del 1936: in totale 6 medaglie d’oro, 7 d’argento e 4 di bronzo. Divenne infine Presidente della Federazione di Scherma e ricoprì il prestigioso ruolo fino al 1940, quando un ictus lo colpì nella sua casa di Portofino. Aveva solo 46 anni.