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Jesse Owens


 

James Cleveland Owens nacque in un piccolo paesino dell’Alabama ma crebbe a Cleveland in Ohio. Fu proprio la sua insegnante di Cleveland, che non capì quando con un forte accento del Sud Owens le disse di chiamarsi J.C., a chiamarlo Jesse.


Jesse Owens è stato suo malgrado il simbolo della lotta per i diritti umani e civili, in maniera plateale contro il Nazismo dominando le Olimpiadi di Berlino del 1936; ma anche a casa, negli Stati Uniti, quando fu costretto a vivere fuori dal campus universitario insieme agli altri afro-americani o a pranzare nei ristoranti per soli neri durante i viaggi in trasferta della squadra.

Il 25 maggio del 1935 è ricordato dallo stesso Owens nella sua biografia come il giorno dei giorni: ai campionati del Middle West presso l’Università del Michigan, Jesse scende in pista all’ultimo minuto a causa di un infortunio alla schiena e in meno di un’ora eguaglia il record mondiale nei 100 metri, stabilisce quello nel salto in lungo (con 8,13 metri è il primo uomo a superare la misura degli 8 metri), vince la gara dei 200 metri e quella dei 200 metri a ostacoli. Il day of the days consacra il suo nome a livello nazionale e gli apre le porte delle Olimpiadi di Berlino, dove vince 4 medaglie d’oro: nei 100 metri (stabilisce il record mondiale: 10,3’’), nei 200 metri (record olimpico: 20,7’’), nel salto in lungo (record olimpico: 806 cm) e nella staffetta 4 x 100 (record mondiale: 39,8’’). L’impresa rimarrà imbattuta fino al 1984, eguagliata solo da quando Carl Lewis ai Giochi di Los Angeles.

Le vittorie di Owens a Berlino frantumarono le aspettative di Hitler, per il quale i Giochi Olimpici, preceduti da una propaganda battente e preparativi grandiosi mai visti prima, dovevano rappresentare l’esaltazione della razza ariana e della grandezza tedesca.

Ma il Fuhrer non rimase con i 100mila spettatori dell’ Olympiastadion fino alla fine e lasciò il suo posto nella tribuna d’onore prima della premiazione del lampo d’ebano, come molti giornali chiamavano Owen, per il salto in lungo. Così il campione ricorda quel giorno nella sua biografia:


Quando venne il momento per le prove del salto in lungo, allibii nel vedere un ragazzo altissimo che saltava quasi otto metri in allenamento. Seppi che era un tedesco, Luz Long; e mi dissero che Hitler l’aveva tenuto in serbo per la vittoria nella gara di salto. Pensai che, se Long avesse vinto, questo sarebbe stato un altro appiglio alla teoria nazista della superiorità della razza germanica. Trattomi un poco in disparte, sferrai un calcio di rabbia al terreno. A un tratto mi sentii una mano sulla spalla. Mi volsi e mi trovai a guardare negli occhi azzurri e affabili l’alto campione tedesco di salto in lungo. Si era qualificato per le finali alla prima prova. Mi diede una forte stretta di mano….

Il risultato fu che Luz superò il suo stesso primato; e questo mi spinse a ottenere il massimo delle mie possibilità. Mi ricordo che, nell’istante in cui toccai terra dopo il mio salto finale, il salto che stabilì il primato olimpico di m 8,0594, Luz mi fu a fianco per congratularsi con me. Nonostante Hitler ci fulminasse con gli occhi dalla tribuna a non più di un centinaio di metri, Luz mi strinse fortemente la mano: e la sua non era certo la stretta di mano di uno che vi sorride con la morte nel cuore. Si potrebbero fondere tutte le medaglie e le coppe d’oro che ho e non servirebbero a placcare in oro a 24 carati l’amicizia che sentii per Luz Long in quel momento.

Owens morì per un cancro ai polmoni il 31 marzo 1980. Dal 1984 una strada di Berlino porta il suo nome.

 

 

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