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I valori dello sport


Sin dal suo nascere come fenomeno organizzato, lo sport contemporaneo ha giocato un ruolo importante nel favorire le relazioni politiche; Avery Brundage (foto a destra), presidente del Comitato Olimpico Internazionale dal 1952 al 1972, consapevole della forza dello sport (e in particolare delle Olimpiadi), dichiarò: «La tregua olimpica, che proteggeva gli antichi giochi, era rispettata e imposta in tutto il mondo ellenico. Noi abbiamo esteso i giochi al mondo intero. Forse possiamo estendere anche la tregua. Forse lo sport, religione del XX secolo, col suo messaggio di lealtà e di cavalleria, avrà successo dove altre istituzioni hanno fallito». Brundage, seppur influenzato da esaltazioni romantiche di derivazione decoubertiana, auspicava che amicizia e reciproca comprensione fossero la condizione fondamentale perché le federazioni possano continuare con successo la loro attività. Il modello della competizione pacifica, del rispetto delle regole e della considerazione per l’avversario, è stato spesso presentato come un ideale valido non solo per lo sport, ma per l’insieme delle relazioni fra paesi.

Anche il modello della competizione internazionale pacifica presenta, tuttavia, i suoi limiti, derivanti dal carattere nazionalistico e di ricerca di sopraffazioni simboliche che lo sport a volte assume sulla scena mondiale; non a caso il campo delle Olimpiadi, teoricamente "lontano" dalle dispute internazionali, ha rappresentato in realtà la continuazione delle dispute reali (si pensi alle diserzioni di USA e URSS alle rispettive edizioni dei Giochi, in piena «guerra fredda»). Per non parlare dei momenti in cui i Giochi, per la loro enorme risonanza, sono stati oggetto di azioni politiche o terroristiche o di tutti gli episodi di violenza cui assistiamo ancora oggi negli stadi di tutto il mondo, in campo e sugli spalti.

Com’è possibile, dunque, che la pratica dello sport, nata e sviluppata come un’attività pacifica, leale, agonistica ma non violenta, possa aver subito una degenerazione culminante in incidenti, scontri tra tifosi e perdita di valori? I fattori e la cause sono molteplici: da una parte derivano da regolamenti sportivi ancora oggi ambigui, che portano ad interpretazioni molteplici e molteplici imposizioni degli stessi, dall’altra dall’"industrializzazione" della macchina dello sport, che ha permesso che l’evento sportivo (almeno a livelli professionistici) si sia definitivamente intrecciato con l’affare economico. Le pressioni degli interessi di sponsor, partner e finanziatori, minacciano di svuotare il significato dello sport; ne sono segnale preoccupante l’esasperazione agonistica dovuta al tornaconto materiale, la difficoltà crescente di far quadrare i bilanci delle società sportive, l’eccessiva entità dei compensi agli atleti nelle discipline più seguite dal pubblico e quindi più remunerative.

Ma, in campo, la responsabilità principale della condotta corretta nello sport a livello internazionale è affidata agli stessi giocatori e atleti. Non esiste nessun surrogato della lealtà sportiva e dell’autodisciplina del singolo atleta. Vi sono tre regole ferree che tutti i partecipanti a gare internazionali devono avere ben chiare:

1. l’atleta deve accettare senza commenti qualsiasi decisione dell’arbitro e dei giudici di gara
2. deve dimostrare e "sentire" per ciascuno dei suoi avversari lo stesso rispetto che sente per i membri della sua squadra
3. deve essere consapevole che nello sport vincere con l’inganno, significa in realtà perdere.

Lo spirito del vero sportivo - atleta e spettatore - è stato codificato dal CIO in un apposito codice; alcuni punti dovrebbero essere tenuti a mente quando lo sport perde di vista il suo scopo e i suoi principi.

L’atleta è un vero sportivo quando:
* pratica lo sport per passione;
* lo pratica disinteressatamente;
* segue i consigli di coloro che hanno esperienza;
* accetta senza obiezioni le decisioni della giuria e dell’arbitro;
* vince senza presunzione e perdi senza amarezza;
* preferisce perdere piuttosto che vincere con mezzi sleali;
* anche fuori dallo stadio ed in qualunque azione della tua vita ti comporti con spirito sportivo e con lealtà.

Lo spettatore è un vero sportivo quando:
* applaude il vincitore, ma incoraggia il perdente;
* pone da parte ogni pregiudizio sociale o nazionale;
* rispetta la decisione della giuria e dell’arbitro anche se non la condivide;
* sa trarre utili lezioni dalla vittoria e dalla sconfitta;
* si comporta in maniera dignitosa durante una gara, anche se sta giocando la tua squadra;
* agisce sempre ed in ogni occasione, tanto dentro quanto fuori dello stadio, con dignità e sentimento sportivo.
(dal "Codice" del Comitato Internazionale Olimpico - C.I.O.)

Di seguito riportiamo anche la Carta del Fair Play:
1. fare di ogni incontro sportivo, indipendentemente dalla posta e dalla virilità della competizione, un momento privilegiato, una specie di festa
2. conformarmi alle regole e allo spirito dello sport praticato
3. rispettare i miei avversari come me stesso
4. accettare le decisioni degli arbitri o dei giudici sportivi, sapendo che, come me, hanno diritto all’errore, ma fanno tutto il possibile per non commetterlo
5. evitare le cattiverie e le aggressioni nei miei atti, le mie parole o i miei scritti
6. non usare artifici o inganni per ottenere il successo
7. rimanere degno nella vittoria, così come nella sconfitta
8. aiutare chiunque con la mia presenza, la mia esperienza e la mia comprensione
9. portare aiuto a ogni sportivo ferito o la cui vita sia in pericolo
10. essere un vero ambasciatore dello sport, aiutando e far rispettare intorno a me i principi suddetti.
Onorando questo impegno sarò un vero sportivo.

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