Atleti tutori dell’ordine: i poliziotti rugbisti e il karateka del fast-food
Si registrano casi in cui i malviventi avrebbero fatto volentieri a meno di trovarsi di fronte atleti o ex atleti in divisa.
Ladri sfortunati, insomma.
È il caso di un episodio accaduto ad Avellino il pomeriggio di domenica 4 gennaio 2004.
In uno stabile del capoluogo irpino è in pieno svolgimento un furto in casa. C’è chi si accorge dell’effrazione e telefona al 113. Una volante accorre sul luogo con a bordo tre agenti.
I topi d’appartamento sono invece due. Non appena i ladri si accorgono di essere braccati, uno di loro si lancia giù dal balcone, da un’altezza di un metro e mezzo, tentando così la fuga.
L’agente che si mette al suo inseguimento è Giovanni Fallarino, che, oltre a essere poliziotto, è anche un ex rugbista. Giovanni, che in carriera ha ricoperto pressoché tutti i ruoli prima di assestarsi come seconda e terza linea, si mette all’inseguimento del ladro in fuga e lo placca, come quando calcava i campi da rugby con la maglia del Benevento e delle Fiamme Oro.
Il poliziotto ex rugbista, che dice che «il rugby ti rimane nella pelle, proprio come certe cicatrici, o nel cuore, come certi ricordi», infine immobilizza il malvivente, lo ammanetta e lo sistema dentro la volante. Poi torna fuori dalla casa, accanto al collega Pietro Cantone, anche lui ex rugbista.
All’improvviso il secondo ladro vola da una finestra e scappa: tenta vari cambi di direzione per raggiungere la libertà, ma è Pietro, questa volta, a placcare l’“avversario”. Operazione terminata: polizia 2, malviventi 0.
E, a proposito di ladri, uno dei due, soccorso in ospedale, si lamenterà sconsolato: «Ma chi è quell’armadio che mi è piombato addosso?». Non è la prima volta che Pietro arresta qualcuno utilizzando le tecniche rugbistiche. Ricorda in particolare di una colluttazione a Napoli, una rincorsa nei vicoli, un placcaggio con la “francesina”, che è uno schiaffetto dato sulla caviglia dell’avversario, il borseggiatore che rovina a terra con addosso Pietro e altri due suoi colleghi. Insomma, un epilogo amaro per il malvivente.
Non meno sfortunato è il borseggiatore che, nel giugno del 1997, pensò (male) di rubare una borsa a un atleta. E che atleta. Un cileno di 25 anni, Juan Pedro, il pomeriggio di venerdì 20 giugno si è infilato in un fast-food di corso Buenos Aires, a Milano, per sottrarre beni preziosi a qualche avventore. Dopo aver scelto la vittima, allunga il piede sotto il tavolo del cliente per tirare a sé la borsa con la gamba.
Che brutta pensata, per Juan Pedro! Infatti la borsa appartiene a Mikola Barahacenko, campione ucraino di karate, uno dei 1400 partecipanti alla rassegna di arti marziali in svolgimento a Milano, presente nel locale assieme a sei suoi compagni di squadra. Al grido di allarme lanciato da un compagno, Mikola è scattato prontamente all’inseguimento del borseggiatore, che nel frattempo si è messo in fuga fuori dal locale.
Il karateka recupera la borsa e, mentre si sta avventando sul ladro, viene bloccato da una volante della polizia. Sì, avete capito bene: è Mikola a essere bloccato dai poliziotti, prima che infierisca con il suo repertorio di karate sul borseggiatore, al quale non è parso vero di mettersi in salvo preferendo così, per una volta nella sua carriera truffaldina, le manette alle manate.
E dalle mani passiamo alla spada, dal karate alla scherma. Sì, perché è proprio una schermitrice della nazionale, Livia Stagni, all’epoca dei fatti campionessa italiana under 23 della sciabola per i colori della squadra dei Carabinieri, a essere protagonista dell’arresto di un ladro. In genere, gli atleti in piena attività agonistica non hanno l’obbligo di operatività.
Per Livia, invece, tutto questo risponde a un preciso obbligo. Ed eccone la dimostrazione. Il 12 gennaio del 2012 era sul Lungotevere su una volante con un collega quando si è accorta che un uomo stava fuggendo da un vicolo con una borsa in mano. Inequivocabilmente, una borsa da donna.
È così scesa dall’auto e, di corsa, si è messa all’inseguimento del ladro, finché è riuscita, con l’aiuto del collega, a raggiungere e a immobilizzare il malvivente. Il sogno di Livia, oltre a quello di esprimersi al meglio nella scherma, è di assumere il ruolo, quando ve n’è bisogno, di paladina dei cittadini.
A rimediare a un torto subìto e a farlo senza indossare la divisa delle forze dell’ordine è stato, nel maggio del 2013, il ciclista Francesco Manuel Bongiorno.
Siamo al Giro d’Italia, si è appena conclusa la terza tappa, 222 chilometri da Sorrento a Marina di Ascea. Il corridore calabrese si sta dirigendo verso il pullman della squadra quando si accorge che una persona gli ha sottratto dalla testa gli occhiali utilizzati in corsa.
La sua reazione è stata immediata: ha girato la bici e si è messo all’inseguimento del ladro riuscendo a bloccarlo e a recuperare il maltolto, esclamando: «Questi occhiali sono miei!». Un supplemento di tappa, per lui.
Luca Condini