Alcol: uscirne si può
a cura del prof. Matteo Simone
La dipendenza dall’alcool causa problemi alle persone e alle famiglie: perdita del posto di lavoro, separazioni, crimini. È difficile uscirne fuori ma per ogni problema c’è almeno una soluzione. Vivere con questa dipendenza che non permette di avere una vita serena è terribile, ma come per la Capoeira dove è sempre possibile schivare un attacco anche per l’alcolismo ci deve essere un modo per uscirne fuori o, comunque, per andare avanti.
È importante innanzitutto avere la consapevolezza di avere il problema, le persone consapevoli di soffrire a causa di questa dipendenza possono passare all’azione chiedendo di farsi aiutare, per esempio, approdando nei gruppi di alcolisti anonimi. Gli alcolisti inizialmente non pensano di avere un problema, non sono consapevoli e quindi non esprimono alcuna intenzione di cambiare nell’immediato futuro, in questo caso si può dire che si trovano nella prima fase chiamata precontemplativa del Modello transteoretico di Di Clemente e Prochaska. (2)
Può succedere che prendano consapevolezza delle loro difficoltà e problemi correlati all’uso dell’alcol ed inizino a pensare che forse devono fare qualcosa per stare meglio: le persone che dichiarano di aver pensato di cambiare il comportamento ma senza assumersi ancora impegni precisi verso una modifica, si trovano nella fase contemplativa.
La fase di preparazione indica l’intenzione di agire nel futuro prossimo e vi è la presenza di tentativi di cambiare il proprio comportamento.
La fase successiva è il passaggio all’azione e questa avviene o perché si è stimolati da parenti, amici, conoscenti o perché ci si rende conto da soli che è il caso di farsi aiutare e decidere di porre rimedio ad un problema che diventa sempre più grave e che comporta un malessere fisico, relazionale, sociale in quanto riguarda direttamente la propria persona ma anche le persone che sono vicine quali famigliari ed amici e l’intero mondo relazionale e lavorativo. Questa fase permette di passare all’azione e siccome è difficile da soli gestire il consumo dell’alcol, si può decidere di rivolgersi al medico di famiglia o si può contattare un gruppo di alcolisti anonimi.
La fase dell’azione, consente quindi di sperimentare un cambiamento, la persona riesce ad accettarsi così com’è, riesce a rendersi conto che le relazioni sono importanti, che può fidarsi di altri, che può affidarsi ad altri, che non è solo, fa parte di un gruppo di persone che si mette in discussione, che ha deciso di star meglio e di far star meglio la propria famiglia, si rendono conto che ricevono tanto dal gruppo, dai partecipanti del gruppo, e molti decidono che è importante per loro dare agli altri, far qualcosa per gli altri, aiutare altri a star meglio.
La fase di azione è caratterizzata da processi di liberazione, di rivalutazione di sé, attraverso i quali il soggetto si convince di essere capace di cambiare e si impegna nel modificare il proprio comportamento per un certo periodo.
Lo stadio del mantenimento
Quando l’azione si mantiene per un tempo superiore, si dice che la persona ha raggiunto lo stadio del mantenimento, la fase dell’azione non basta per risolvere il problema, è determinante, è fondamentale, ma per uscire dal problema bisogna passare nella fase successiva del mantenimento che permette di continuare ad agire, e cioè di continuare a fare qualcosa per uscire del problema, esempio può essere la partecipazione ai gruppi di alcolisti anonimi, dove la persona può trovare un luogo, un posto dove può essere compreso, dove non è giudicato, dove è accolto, dove sono presenti altri che condividono un’esperienza simile, dove possono testimoniare la propria esperienza e possono ascoltare le esperienze degli altri, e cosa importante possono rendersi conto che altri sono riusciti a trovare una via per stare bene, per sospendere il consumo di alcol, per trovare alternative per gestire problemi, situazioni difficili.
Tali gruppi sono istituiti sia per alcolisti anonimi che per famigliari, i quali trovano nel gruppo anche loro una modalità di esprimersi, di condividere le proprie difficoltà, problematiche e sentirsi vicino ad altri che possano capirli, comprenderli, possano dargli una spalla dove appoggiarsi, possano dirli che non sono soli, che hanno passato gli stessi disagi ma che ora sono in una situazione di protezione.
Inoltre, a volte, i gruppi di alcolisti sono disposti ad aprirsi agli esterni, soprattutto ai medici, psicologi, i professionisti delle dipendenze e questo per sensibilizzare tali operatori a considerare tali gruppi per eventuali persone che si rivolgono a loro, ma anche per testimoniare a loro quello che fanno in tali gruppi, come lavorano, come convivono con il problema, come accolgono chi si rivolge a loro.
(1) Zani B., Cicognani E.: Psicologia della salute, Il Mulino, Bologna, 2000.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta
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