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Materiale Didattico

Velasco, carriera infinita!


Una carriera infinita quella di Velasco, classe 1952, e la pallavolo nel cuore: è stato l’allenatore della generazione di fenomeni, quegli azzurri arrivati a vincere con lui il titolo iridato nel 1990 e nel 1994. Tre gli europei conquistati (1989, 1993, 1995). E poi i successi di club a Modena, con la squadra emiliana dominatrice (quattro scudetti di fila dal 1986 al 1989). In giro per il mondo, ha preso per mano e guidato anche altre nazionali come Spagna, Iran e la sua Argentina. Qualche incursione nel calcio, da dirigente nella Lazio di Cragnotti e nell’Inter di Massimo Moratti.

Qquello che ha fatto Julio (o Giulio, visto che dal 1992 è diventato anche cittadino italiano, grazie a retaggi genovesi dalla parte della mamma) per la Nazionale di volley è qualcosa di eccezionale, indimenticabile. L’elenco delle sue grandi vittorie è lungo come un treno: 1 argento olimpico, 2 titoli mondiali, 3 titoli europei, 5 World League, 1 Coppa del Mondo, 1 Grand Champions Cup, 1 World Super Challenge, 1 World Top Four.

Un solo cruccio, la mancata conquista dell'oro alle Olimpiadi con l'inaspetta sconfitta contro l'Olanda nel 1992, dopo di cui Velasco disse: «Sono orgoglioso della squadra che ha vinto Mondiali ed Europei, ma sono altrettanto orgoglioso della squadra che ha perso le Olimpiadi di Barcellona. Per un motivo: perché abbiamo saputo perdere. Non abbiamo dato la colpa a un qualche fattore esterno. Abbiamo riconosciuto che l’avversario era stato più bravo di noi, punto e basta», il manifesto più importante del patrimonio di valori che Velasco lascia alla pallavolo e allo sport.

Poi il ritorno a Modena, con cui aveva un altro anno di contratto: ma il mago sotto rete ha giocato d’anticipo. «Velasco è stato, è e sarà per sempre un simbolo della nostra città. A metà anni ottanta Julio ha preso per mano una squadra e l’ha fatta divenire una leggenda e ha fatto si che oggi, Modena, sia unanimemente riconosciuta come culla del volley mondiale» l’omaggio del club emiliano.

Ecco la sua lettera:

«Come tutti già sapete, ho deciso di chiudere la mia carriera di allenatore. Sono rimasto in silenzio fino ad ora e lo farò ancora per un po’, a parte questo scritto, perché per me è una situazione emotiva molto forte e ho bisogno di stare un po’ con me stesso.

Voglio ringraziare la società Modena Volley per le parole spese nei miei confronti nell’annuncio del mio ritiro e tutti coloro, davvero tanti, che in queste ultime ore mi hanno scritto o detto parole che mi hanno fatto emozionare molto.

Questo momento per me non è semplice, ma come molti giocatori hanno smesso di giocare quando ancora erano forti, anch’io ho voluto chiudere la mia carriera quando ancora avrei potuto allenare, senza aspettare il declino.

Questo lavoro è stato un privilegio. Ho allenato per 44 anni, dal settore giovanile a nazionali di diversi continenti e se guardo indietro rivedo le tappe di questo cammino: il Club Universitario de La Plata, dove ho imparato a giocare a pallavolo, ho fatto la mia carriera di giocatore e dove ho avuto come allenatore e maestro, e oggi mio caro amico, Jorge Taboada; il Club Estudiantes de la Plata, dove ho cominciato la mia carriera da allenatore nel 1975 insieme al mio carissimo amico Raul Lozano, e della cui squadra di calcio sono tifoso da sempre; il Club Defensores de Banfield, che mi ha permesso di continuare la mia carriera da allenatore quando ho dovuto lasciare la mia città per nascondermi dalla repressione militare in Argentina; il Club Gimnasia y Escrgrima di Buenos Aires dove ho cominciato a lavorare con il settore giovanile; il Club Ferrocarril Oeste, dove ho continuato con il settore giovanile e ho cominciato con la mia prima squadra di Serie A; la Federazione Argentina, per la quale ho partecipato come secondo allenatore al mondiale dell’82 (che mi ha permesso indirettamente di arrivare in Italia) e dove sono tornato dopo 32 anni per allenare la nazionale del mio paese, esperienza che nel cuore sentivo che mi mancava; Jesi, che è stato il mio primo club in Italia e dove ho conosciuto i primi amici italiani; Modena, che è diventata la mia città e la mia squadra; la Federazione Italiana, dove ho avuto l’onore di allenare la nazionale maschile che ha fatto storia e la nazionale femminile; la Federazione della Repubblica Ceca, che mi ha permesso di tornare ad allenare dopo essere stato quattro anni a lavorare nel calcio; Piacenza, grazie alla quale sono tornato ad allenare in Italia e a giocare una finale scudetto; Montichiari, che è stata una grande realtà della pallavolo italiana e che purtroppo oggi non c’è più; la Federazione Spagnola, che mi ha permesso di fare un’esperienza con una nazionale importante e interessante e disputare il mondiale in Italia; la Federazione Iraniana, con cui ho vissuto un’esperienza umana e professionale straordinaria per 3 anni e la cui Federazione voglio ancora ringraziare per avermi permesso, nonostante fossi ancora sotto contratto, di andare ad allenare la nazionale argentina.

Voglio ringraziare tutti gli staff tecnici e medici con i quali ho avuto la possibilità di lavorare, perché con loro ho condiviso tanti momenti della mia vita, le ore di lavoro, la gioia delle vittorie, il dolore delle sconfitte. Ringrazio i collaboratori di tutte le squadre, i dirigenti e i tifosi.

E voglio ringraziare specialmente tutti i giocatori che ho avuto e che mi hanno permesso di essere quello che sono diventato. Perché un allenatore non è altro che la propria squadra. Tutto quello che un allenatore fa è aiutare i propri giocatori in modo che siano loro a fare. In questo momento mi ricordo di ognuno di loro. Non solo di quelli più forti. Perché molte volte un allenatore impara di più insegnando ai quei giocatori a cui le cose non vengono facilmente.

Infine voglio ringraziare Modena Volley, che mi ha permesso di terminare la carriera nella città che amo, tutto lo staff che lavora negli uffici, tutto il personale che lavora nel palazzetto, tutto il mio staff tecnico e medico, tutti i giocatori di questa bellissima annata, tutti i tifosi che ci hanno accompagnato e che mi hanno dato dimostrazione di affetto quando hanno saputo della mia decisione, la città di Modena, che mi ha accolto sempre come uno dei propri cittadini e che io considero la mia città italiana, i dirigenti e lo staff dei miei primi 4 anni alla Panini, Giuseppe Panini e la sua famiglia, che ricordo sempre con grande affetto e rispetto.

Sicuramente in questo momento di grande emozione mi sono dimenticato di qualcuno. Sono 44 anni. Spero mi sappia perdonare».

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