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Materiale Didattico

Sport per tutti, per tutte le età


Intervista a Mauro Dugheri, presidente UISP Firenze 

 

Sotto tanti aspetti crescendo si migliora, ma non se si parla di sport. All’aumentare dell’età, infatti, diminuisce progressivamente il numero di ore dedicate all’attività fisica regolare. Se a 11 anni il 65% dei bambini pratica uno sport, all’avvicinarsi della maggiore età la percentuale cala drasticamente, fino a che, dopo i 18 anni, ben 1,4 milioni di ragazzi abbandona ogni attività sportiva. Addirittura, secondo l’indagine Censis-Coni Sport & Società, più di un quarto dei ragazzi tra i 10 e i 24 anni non ha mai fatto sport. Per gli adulti la situazione non è tanto migliore, dal momento che l’UE ritiene che il 41% della popolazione italiana pratichi la… “sedentarietà assoluta”!

 
 

La mancanza di attività fisica, soprattutto in giovane età, non è un problema solo italiano: il governo francese, infatti, per primo ha parlato di “generazione pigrizia”, denunciando che i ragazzi dedicano all’attività fisica la metà del tempo che vi dedicavano i loro genitori. Eppure lo sport sarebbe un’ottima terapia per problemi che sempre più di frequente colpiscono i giovani: obesità, ansia e disturbi del sonno. In uno studio sull’argomento commissionato dal governo francese, il medico e biologo François Toussaint sostiene che la popolazione di età compresa tra i 3 e i 18 anni dovrebbe praticare almeno un’ora di attività fisica al giorno, per avere dei benefici duraturi.

 
 

Visto che l’abbandono progressivo dello sport avviene in età scolastica, l’educazione fisica potrebbe rappresentare una soluzione: purtroppo però, anche se il 74% degli istituti scolastici ha spazi sportivi, solo il 44% è dotato di palestre proprie. Inoltre, secondo il Ministero della Pubblica Istruzione, in alcune classi il tasso di esenzione dalle ore di educazione fisica raggiunge il 40%. «Quanta tristezza» commenta Gianni Petrucci, presidente del Coni; «in 100 anni di storia [l’Educazione fisica a scuola nasce nel 1859 ma solo nel 1909, con la legge Daneo, si stabilisce l’obbligatorietà, di un corso di educazione fisica in ogni scuola pubblica, primaria o media, maschile o femminile, N.d.R.] non solo non abbiamo vinto la partita dello sport nella scuola, ma non siamo neppure riusciti a giocarla». 

 
 
 

È davvero tutta colpa della nostra scuola se i ragazzi abbandonano lo sport? «La nostra arretratezza è strutturale» sostiene Filippo Fossati, presidente nazionale dell’UISP (Unione Italia Sport per Tutti) «i giovani ne pagano le conseguenze; è un problema culturale. Da noi lo sport è inteso come spettacolo e competizione, troppo poco come semplice gioco e passatempo». Perduta la componente agonistica presente nello sport adolescenziale (comprese le competizioni scolastiche), molti - troppi - ragazzi scelgono di non svolgere più nessun tipo di attività fisica. Quindi, o ci si allena per vincere, o non ci si allena affatto. 

 
 

Quella che sembra mancare, allora, è la consapevolezza che lo sport, prima di tutto, è benessere e salute, non solo desiderio di vincere un campionato o una coppa. Eppure, ed ecco un altro paradosso italiano, il nostro paese non è povero di impiantistica: i centri sportivi sono quasi 95.000; mancano però i fondi per poterli mantenere attivi e funzionanti, per pagare gli istruttori. «Non vogliamo» aggiunge Fossati «che lo sport diventi un’attività per i figli delle élite». 

 
 

La UISP, attraverso le sue iniziative, ha da sempre l’obiettivo di valorizzare le varie facce dello sport, puntando sull’organizzazione di attività per tutti i cittadini, per tutte le età e per ogni tipo di abilità, per diffondere una “Cultura dello Sport”. Di questo abbiamo parlato con il presidente della UISP di Firenze, Mauro Dugheri.

 
 

EdusportAlla base della vostra esperienza sareste in grado di dirci qual è il ruolo della scuola italiana e dei docenti di Educazione fisica nell’avviare alla pratica sportiva i giovani? 

 

Mauro Dugheri: A partire dagli anni della scuola la promozione dell’attività sportiva funziona quando intervengono molteplici fattori, risorse e motivazioni. Le problematiche sono molte: penso alle carenze delle infrastrutture. Ritengo comunque che il docente abbia una responsabilità grandissima: il ragazzo percepisce in maniera molto forte i suoi insegnamenti. Un bravo insegnante è colui che riesce a trasmettere le molteplici possibilità offerte da questa materia: l’educazione fisica, infatti, può spaziare da una concezione di attività svolta con lo scopo di migliorare le proprie prestazioni a momento cruciale a livello di attività sociale (penso ai giochi di squadra). 

 

Gli stimoli forniti al ragazzo sono importantissimi: il docente deve essere bravo a favorire nei suoi allievi la componente agonistica, senza dimenticare un approccio a 360° allo sport. Proprio quando il lato agonistico viene a mancare, infatti, il ragazzo perde interesse a voler proseguire l’attività; questo processo avviene tra i 15 e i 17 anni, proprio quando gli impegni si moltiplicano. Se il ragazzo non intravede un futuro da sportivo di professione, si allontana dalla pratica sportiva perché non possiede una cultura dello sport come benessere e non conosce i suoi valori socio-culturali. La scuola dovrebbe insistere su questo aspetto. 

 
 

Edusport: Cosa avviene esattamente in questa critica fascia d’età? 

 

Dugheri: Se fino a 15 anni i ragazzi praticano quasi esclusivamente sport a livello agonistico (sport di squadra, nuoto, atletica... la finalità è la gara, la vittoria), oltrepassata quella fascia di età avviene quasi sempre una sorta di "selezione più o meno naturale": i più bravi e meritevoli trovano stimoli nel proseguire perché gli allenatori li fanno giocare o gareggiare sempre più. Le "seconde linee" trovano  inevitabilmente maggiori difficoltà a continuare in quello che diventa, come si diceva prima, un impegno sempre maggiore (con la scuola che assorbe sempre la maggior parte del loro tempo libero) con sempre minore gratificazioni. La soluzione ideale sarebbe quella di riuscire a offrire un ventaglio maggiore di opportunità per i ragazzi: puntare su altri sport, cambiare la mentalità degli allenatori favorendo la rotazione dei propri allievi... 

 

Inoltre c’è da dire che nell’adolescenza subentrano tanti interessi, tutti insieme: i primi amori, il gruppo musicale, la tecnologia, altri hobby. Il tempo è poco e deve essere perfettamente organizzato. È anche compito dei genitori riuscire a "ottimizzare i tempi" e purtroppo oggi questo è sempre più difficile

 
 


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E a proposito di cultura dello sport, qual è la situazione in Italia? Esiste da noi una vera cultura dello sport?

 

Dugheri: Lo sport ha conosciuto negli ultimi tempi una visibilità eccezionale. Purtroppo però è difficile affermare che, di pari passo, si sia sviluppata e sia cresciuta anche una vera cultura dello sport e dei valori che esso dovrebbe trasmettere. Sono i principi della UISP ma sarei ottimista se dicessi che tutti i nostri soci possiedono e condividono una vera cultura dello sport. Nella provincia di Firenze abbiamo 58.000 iscritti. Una buona parte di loro ha certamente un approccio allo sport inteso come un bene che interessa la salute, il divertimento ma anche l’educazione e la socialità. Altri ignorano questi principi e non se ne curano. 

 
 

EdusportLa vostra associazione accoglie molti soggetti che tornano a voler praticare sport. Il calcetto con gli amici, "la pedalata" della domenica, la corsetta al parco. È vero il detto «non è mai troppo tardi»?

 

Dugheri: È verissimo; e spesso torna anche la voglia dello sport di squadra. Da noi alla UISP organizziamo tornei di basket, pallavolo, calcio con persone di tutte le età. La voglia di fare sport e di divertirsi, senza tralasciare un pizzico di sano agonismo, non passa mai.

 
 

EdusportCome mai molte persone che scelgono di tornare a praticare sport vanno in palestra? Come valutate il successo di queste strutture?

 

Dugheri: Si tratta di esigenze diverse. Un torneo di calcetto o pallavolo, con persone con cui ho più o meno confidenza, permette di mettere insieme più stimoli e fattori (agonismo, divertimento, socializzazione). Al contrario chi va in palestra cerca sì il benessere fisico ma focalizza la sua attenzione sul lato prettamente estetico che lo sport sa dare a chi lo pratica. L’agonismo è azzerato, se non quello relativo al superamento sistematico dei propri limiti. 

 

 

 

Edusport: Parliamo di alimentazione. Anche l’Italia, da alcuni anni, l’obesità conosce un costante aumento  Obesità e alimentazione. Cosa sta succedendo in Italia?

 

Dugheri: Se pensiamo allo sport come un fattore di crescita fisica e psicologica delle persone, anche l’alimentazione deve far parte di tale processo. Il problema è che l’alimentazione corretta è spesso associata alla somministrazione di vitamine, proteine, integratori...

 
 

Edusport: ...e il pensiero va subito al doping nello sport amatoriale. Cosa potete dirci di questo grave problema?

 

Dugheri: Il limite tra la sostanza che rappresenta un semplice sostegno alla pratica sportiva, magari assunta per reali motivi di salute, e quello che diventa un aiuto ben più pericoloso è sempre più sottile. Colpa di una scarsa attenzione, anche da parte dei media, nei rischi e nelle assuefazioni che anche le sostanze che sembrano più naturali possono dare.

 

Esiste a tutti i livelli la cosiddetta "frenesia del risultato". Esiste quando abbiamo 15 anni, spinta da genitori esagitati e allenatori, ed esiste quando ne abbiamo 30 e 40. Se pratico attività sportiva con l’obiettivo di riceverne benessere, non posso contemplare l’esasperazione della ricerca assoluta del risultato. Devo dimostrare a me stesso di essere in grado di farcela, senza aiuti. Questo è il bello dello sport! Senza voler banalizzare un discorso molto importante c’è un modello sbagliato di fondo, anche nello sport. Con la campagna Io gioco pulito abbiamo proprio voluto affrontare questo tema: soddisfare la voglia di arrivare primi, cercare i risultati ma senza "aiutini".

 

 

 
 

In definitiva, citiamo il motto della UISP, un altro sport è possibile: uno sport per tutte le età, che torni a far parte della nostra realtà quotidiana, legittimandosi in base a valori non riconducibili a quelli della prestazione assoluta. Ringraziando il Presidente Dugheri, ricordiamo a tutti che lo sport è un valore e, soprattutto, un diritto. A cui non si dovrebbe rinunciare mai.

 
 

Ringraziamo per la collaborazione Stefano Bagnoli, addetto stampa della UISP Firenze.

 
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