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Olimpiadi, il bilancio azzurro


Nonostante una serie di ombre inquietanti su discipline fondamentali per la tradizione italiana (vediamo tra poco le principali delusioni della spedizione), alla vigilia del voto, per Malagò sarà importante potersi sedere al tavolo del prossimo governo (che di sicuro sarà meno bendisposto dell’ultimo) con delle referenze positive.

Spetta a Flavio Roda, presidente della Fisi, tracciare quello sulle Olimpiadi di Pyeongchang, tra luci e ombre. Da una parte la soddisfazione per le medaglie conquistate, di cui due d'oro e per giunta inedite, dall'altra l'innegabile flop degli uomini nello sci alpino e la consapevolezza che in altre discipline serve un restyling. Il capo degli sport invernali, che in questa edizione dei Giochi ha potuto festeggiare 6 medaglie (sulle 10 totali della spedizione azzurra), fa il punto della situazione in una conferenza a Casa Italia.

«Innanzi tutto ci sono due ori ed è da alcune edizioni che non si raggiungeva questo risultato - sottolinea Roda, riferendosi agli exploit di Sofia Goggia in discesa e di Michela Moioli nello snowboard - Rimane l'amaro in bocca per l'errore di Goggia in super G, però credo che l'abbia aiutata a ottenere il massimo in discesa. Brignone ha raggiunto un risultato di prestigio in una gara che era diventata difficile».

«Ho sempre pensato a un obiettivo compreso tra 6 e 10 medaglie, quindi ci siamo - prosegue Roda, che però sottolinea anche alcuni aspetti negativi -. Alcune medaglie, come in discesa, le davo per certe. Max Carca ha detto di volersi fare da parte? Nel suo ruolo non lo avrei fatto, avrei concluso il mio impegno e semmai a fine stagione avrei fatto delle proposte. Pensiamo che sia un tecnico che ha fatto tanto, ma uno che si vuole autoridurre l'incarico vuol dire che si sottovaluta».

Il merito è soprattutto di Arianna Fontana: la portabandiera ha ripagato la fiducia e da sola ha conquistato nello short track praticamente un terzo dell’intero bottino della spedizione. Meravigliose anche le bergamasche Michela Moioli e Sofia Goggia, due cicloni che hanno dominato le prove dello snowboardcross e della discesa libera femminile.

In particolare quest’ultima vittoria, in quella che può essere considerata la gara regina delle Olimpiadi invernali (un po’ come i 100 metri di atletica o la maratone per quelle estive), rappresenta davvero un trionfo azzurro. Il salto di qualità rispetto a Sochi 2014 e Vancouver 2010 è evidente: per trovare un risultato migliore bisogna tornare a Torino 2006, dove però giocavamo in casa o risalire ancora più indietro a Salt Lake City 2002.

Ma veniamo alle ombre. Secondo il numero 1 della Fisi, il flop non è frutto di una crisi sistemica: «I numeri in coppa del mondo parlano chiaro. Abbiamo fatto di tutto e di più per la squadra maschile di sci, non abbiamo risparmiato su niente. Ma non nascondo che il settore qui ha toppato, non siamo stati performanti come l'anno scorso, non siamo riusciti a chiudere il cerchio. Innerhofer ha detto che manca una leadership? Ho grande rispetto per gli atleti, è stato un suo sfogo e ne prendo atto, ma mi dispiace la critica verso lo staff perché so che ha fatto davvero tanto».

Gli azzurri hanno concluso le quattro gare nelle quali sono stati coinvolti senza centrare nemmeno un podio (eventualità che non si materializzava dall’ultima edizione a Sochi 2014 con l’immenso Armin Zoeggeler che centrò il bronzo nella gara vinta dal tedesco Felix Loch sul russo Albert Demchenko). Una Olimpiade che ha deluso le aspettative, che ci vedevano sperare in almeno un podio, e che lascia sicuramente amaro in bocca ma, contemporaneamente, ci regala conferme importanti in ottica futura. Ma andiamo con ordine.

Tra gli uomini ci si attendeva una medaglia da Dominik Fischnaller, è inutile girarci attorno. Dopo la vittoria della scorsa stagione sul budello dell’Alpensia Sliding Centre in Coppa del Mondo, il nostro portacolori partiva con la chiara intenzione di salire sul podio. Obiettivo fallito per appena due millesimi.

Stesso discorso per lo sci maschile, verso il quale Massimo Carca, capo allenatore della squadra azzurra di sci alpino, non nasconde il senso di "fallimento" della spedizione coreana: «Non mi do la sufficienza. Il bilancio di queste Olimpiadi è negativo. Siamo venuti in Corea per dare il meglio, ma il nostro meglio è di livello inferiore alle aspettative; per il futuro non so ancora cosa farò di preciso - spiega - e ho il contratto in scadenza. Voglio più spazio per me, non sarò più capoallenatore, al massimo o discipline tecniche o quelle veloci». E aggiunge: «Nelle discipline tecniche non siamo mai stati pungenti. Tutti hanno lavorato al 100% ma la voglia di fare spesso ci ha portato a commettere errori, come accaduto nelle gare olimpiche. Nella discesa libera abbiamo investito tanto su Paris e Fill per le loro caratteristiche e per quelle della pista, torniamo a casa con un quarto e un sesto posto. Nel supergigante invece siamo al lavoro per migliorare».

In altre discipline non sono mancati acuti anche tra gli uomini, come l'argento di Federico Pellegrino nel fondo e il bronzo di Dominik Windisch nella sprint maschile del biathlon, dove anche la staffetta mista è salita sul podio.

Da rivedere altri settori come il fondo femminile, il salto con gli sci e lo skeleton ("ma mancano i giovani", precisa Roda), mentre in altre discipline di snowboard e nel freestyle "bisognerà partire da zero". Capitolo a parte per il bob: «Serve un altro grande investimento per tornare al top, ma la Fisi da sola non può sostenerlo».

Parlando delle elezioni federali del 22 aprile, dove si candiderà per un altro quadriennio, Roda anticipa solo che "se dopo ci sarò ancora io bisognerà mettere insieme tanti ex atleti e teste nel fondo e nello sci per risolvere le lacune". Intanto, annuncia che "il bilancio si chiuderà con 1,5 milioni di utile e permetterà alla federazione di estinguere con tre anni di anticipo il piano di rientro finanziario con il Coni».

«Dalle Olimpiadi invernali torniamo con un buon bilancio, sono soddisfatto, è stato importante arrivare alla doppia cifra di medaglie». Così il ministro dello sport Luca Lotti a margine dell'iniziativa 'Open day' al Centro tecnico federale della Figc a Coverciano (Firenze). «I miei complimenti vanno alle nostre atlete e ai nostri atleti - ha proseguito il ministro - ma anche ai presidenti delle federazioni, ai tecnici, ai medici e a tutto lo staff. Un risultato importante frutto di un grande lavoro».

È vero dunque, si tratta della miglior edizione dell’ultimo decennio e che testimonia un movimento in netta ripresa dopo la recente flessione. L’Italia è stata tra i pochi Paesi al mondo a presentare atleti in 14 discipline su 15 (uno dei veri meriti del Coni, che può vantarsi di non lasciare indietro nessuno al contrario di quanto avviene all’estero), e ad essere competitiva in molte di esse. E il miglioramento non è solo merito di poche stelle, ma anche di una crescita di squadra.

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