Le Olimpiadi impossibili
Inutile dire che l’annullamento, nel 2020, dell’Olimpiade di Tokyo a causa del coronavirus è stata una scelta doverosa, dettata in primo luogo dall’impossibilità di garantire sufficienti misure igienico-sanitarie agli atleti, agli spettatori, ai giornalisti e a tutte le persone che sono chiamate a organizzare e a seguire direttamente un evento così affollato. Inoltre, rimandare lo svolgimento della XXXII edizione delle Olimpiadi è stato anche una forma di rispetto nei confronti della popolazione mondiale, colpita duramente dall’epidemia: non c’erano i presupposti, insomma, per quello spirito di festa e di gioia che solitamente permea e accompagna i Giochi.
Gli atleti meno giovani, che avevano programmato di far coincidere l’Olimpiade del 2020 con il ritiro dallo sport professionistico, hanno dovuto dire addio prima del tempo all’attività agonistica non sentendosi nello stato d’animo di continuare a sacrificarsi in duri allenamenti e rinunce quotidiane per un evento rimandato nel tempo.
Per tutti gli atleti, comunque, al di là dell’età, lo slittamento dell’Olimpiade comporta il dover riprogrammare interamente la preparazione a Giochi. E non è cosa di poco conto. Nella storia delle Olimpiadi non è tuttavia la prima volta che un’edizione non viene svolta nell’anno prefissato. Nelle precedenti occasioni, tuttavia, la causa è risultata diversa da quella che ha costretto a rimandare Tokyo 2020. Dopo i Giochi di Stoccolma del 1912, si pensava già alla successiva Olimpiade (4 anni dopo, è questa la successione temporale che sottostà ai Giochi) del 1916, in programma a Berlino.
L’8 giugno 1913 venne inaugurato dall’imperatore Guglielmo il nuovo stadio olimpico con un saggio di 35.000 ginnasti. Un anno più tardi, il 28 giugno 1914, l’assassinio, a Sarajevo, dell’arciduca austriaco Francesco Ferdinando per mano dell’anarchico Gavrilo Princip (per altro, apprezzato ginnasta nel tempo libero) offrì l’occasione per far esplodere la Prima guerra mondiale decretando la cancellazione dei Giochi di Berlino del 1916. Nella capitale tedesca i Giochi sarebbero tornati venti anni più tardi in un contesto storico completamente diverso e in un’Europa profondamente cambiata dopo le devastazioni della Grande Guerra: la manifestazione olimpica si sarebbe dovuta tenere, nel 1916, alla presenza del kaiser Guglielmo e invece si svolse, nel 1936, davanti ad Adolf Hitler e ai gerarchi nazisti. Dopo la tragedia della Prima guerra mondiale, i Giochi ripresero nel 1920, ad Anversa. E fu ancora un conflitto mondiale a tarpare le ali allo spirito olimpico, annullando questa volta non una ma addirittura due edizioni: quelle del 1940 e del 1944. I Giochi del 1940 si sarebbero dovuti tenere a Helsinki; anche in questo caso era già stato inaugurato lo stadio olimpico nella capitale finlandese, nel giugno del 1938: un impianto capace di ospitare
ben 60 mila spettatori. Tuttavia, l’invasione della Polonia da parte di Hitler (1° settembre 1939) decretò l’inizio della Seconda guerra mondiale che si sarebbe protratta per ben sei anni, rendendo ovviamente impossibile l’effettuazione anche dei Giochi del 1944, previsti a Londra: nella capitale britannica le Olimpiadi sarebbero resuscitate dalle ceneri dell’immane tragedia del secondo conflitto mondiale soltanto nel 1948.
A far data da Londra 1948, i Giochi non hanno mai subito cancellazioni o rinvii: questo fino al 2020. Tuttavia, anche nel secondo dopoguerra la politica ha fatto
registrare tensioni che si sono ripercosse in diversi ambiti, fra cui quello sportivo. Ci stiamo riferendo al boicottaggio dei Giochi di Mosca del 1980 da parte della maggioranza dei Paesi occidentali (USA in testa) e, quattro anni più tardi, di quelli di Los Angeles, dai quali risultarono assenti gli atleti dell’Urss e dei Paesi del Patto di Varsavia. Nel 1980 l’ostruzionismo del Blocco occidentale fu motivato come forma di protesta verso l’Unione Sovietica, il cui esercito l’anno prima aveva invaso l’Afghanistan, mentre nel 1984 la mancata presenza ai Giochi di Los Angeles dell’Urss e delle nazioni satelliti fu una sorta di vendetta per il torto subito quattro anni prima. In entrambi i casi, non si può parlare di Giochi annullati, senza dubbio: tuttavia, si può, a buon diritto, parlare di Olimpiadi dimezzate e incomplete. Lo spirito olimpico porta a unire gli atleti, non a dividerli.
A separare le persone non è certo lo sport, che, anzi, rimedia spesso e volentieri alle disgregazioni facendo affratellare e accomunare gli atleti. Tuttavia, come si è visto, negli Anni Ottanta la tensione politica fra le allora due superpotenze (Stati Uniti e Unione Sovietica) prevalse sui valori propugnati dallo sport. Quarant’anni dopo, Tokyo non ha visto accendere il braciere olimpico nella data prevista del 2020 ma, almeno stavolta, non a causa di conflitti e guerre fra popoli e nazioni.
Luca Condini