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Materiale Didattico

Italrugby storica contro campioni sudafricani


Lo scorso sabato 19 novembre, nel test match Credite Agricole Cariparma, l’Italia del rugby si è imposta di misura contro i giganti del Sudafrica per 20-18. Decisiva la volontà di riscatto dei nostri dopo la cattiva prestazione di due settimane fa contro gli imbattibili all-blacks.

La vittoria è giunta inaspettata a quegli spettatori che non conoscessero i precedenti del nostro coach, O’Shea. Ha preparato bene i suoi, conoscendo gli avversari che aveva allenato a lungo dieci anni fa. La partita si è sbloccata per i nostri solo dopo una ventina di minuti, quando hanno preso consapevolezza delle loro possibilità e, soprattutto, di come fermavano eccellentemente gli avversari in difesa, e poi ripartivano. Cruciale per i sudafricani qualche leggerezza che li ha portati a sbagliare un paio di mete facili intorno alla mezz’ora.

Sempre concreti i nostri, viceversa. Hanno tenuto botta fino alla fine ed è stata persino annullata una meta di Fuser per irregolarità alla bandierina. Vittoria meritatissima, dunque, soprattutto per la tenuta mentale dei nostri.

Cerchiamo allora di capire come è arrivata la vittoria. Sicuramente il fattore campo ha pesato, e non poco. Per i sudafricani, al contrario, la trasferta è stata particolarmente difficile e stressante: la maggior parte degli “springboks” milita in campionati diversi in diverse Nazioni e questo è tuttora motivo di difficoltà integrative tra i vari membri della squadra. Ricordiamo inoltre che la squadra è allenata da soli 6 mesi dal nuovo direttore tecnico Allister Coetzee.

La partita del Franchi è stata la classica cartina di tornasole per entrambe le squadre: chi doveva difendere una gloriosa bandiera e chi, come l’Italia, doveva correre ai ripari e ingranare “soltanto” la marcia giusta. Ad appesantire ulteriormente i celebri “springboks” c’era sicuramente la questione delle quote nere. Queste consistono in un progetto della federazione sudafricana volto a costituire, per il 2019, una squadra composta per la metà di giocatori di colore. Il rimedio la dice lunga sulla durezza dei termini – anche oggi, e dopo Mandela – con cui il problema dell’integrazione etnica si affaccia in Sudafrica. Certo, questo non dovrebbe essere un alibi per i sudafricani della prima squadra nel tirare i remi in barca. Ma si sa che a volte le leggi garantiscono anche un po’ di rilassatezza (e figurarsi sul campo quanto questo può essere un fattore negativo).

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