Il ruolo del laureato in Scienze Motorie
La nuova facoltà di Scienze Motorie nasce dalle ceneri dell’ISEF e si propone di fornire allo studente competenze relative alla gestione e all’organizzazione di questa disciplina, di carattere educativo, sportivo o ludico.
Da un punto di vista degli sbocchi professionali, il laureato in scienze motorie potrà essere impiegato in vari campi: tanto per cominciare come insegnante di educazione fisica e sportiva, nelle scuole di ogni ordine e grado; e poi in associazioni, organizzazioni o presso singoli individui impegnati nello sport competitivo; nelle industrie che forniscono servizi e prodotti sportivi (abbigliamento, attrezzature, strutture); presso gli assessorati dei comuni; nei centri fitness e nell’industria del tempo libero, nei centri di fisioterapia e di rieducazione motoria; nei settori informativi.
Trattandosi di un tipo di facoltà nuovo, tuttavia, molti aspetti devono essere ancora definiti con precisione; questo articolo pubblicato su Nonsolofitness (www.nonsolofitness.it) cerca di fare un po’ di luce sulla figura del laureato in scienze motorie, sulle sue possibilità lavorative e sul futuro della facoltà.
Ad oggi l’inquadramento del ruolo professionale del Laureato in scienze motorie resta di difficile definizione dato che non è stata ancora varata una specifica normativa a livello nazionale.
In attesa di questa definizione ormai ineludibile, cerchiamo di chiarire quali sono i confini all’interno dei quali questa figura professionale può attualmente muoversi.
Innanzitutto sul piano strettamente medico-legale, va fatta una distinzione tra l’eventuale attività professionale svolta in modo individuale e quella invece svolta all’interno di una struttura organizzata.
Nel primo caso ovviamente, a causa della suddetta carenza legislativa, restano più sfumati ed incerti i confini operativi e di conseguenza sono minori le possibilità di tutela;quindi la principale linea guida resta quella di non incorrere nel reato di “abuso della professione”.
Appare invece sicuramente più oggettivabile il possibile ruolo che il laureato in scienze motorie può svolgere all’interno di una struttura organizzata.
Infatti la collocazione all’interno di una struttura organizzata, consente la maggiore tutela possibile dal punto di vista medico-legale; in tal caso la figura del laureato in scienze motorie si troverebbe infatti ad operare all’interno di un gruppo di lavoro organizzato e sotto la responsabilità di un direttore sanitario, per cui il rischio di che si possa configurare un reato di abuso è certamente remoto.
In questo ambito si pone però il problema di quale inquadramento contrattuale può essere previsto; in tal senso bisogna distinguere a seconda del tipo di struttura considerata, dato che a livello nazionale non esistono contratti specifici per questo ruolo nell’ambito sia dell’ospedalità pubblica che di quella privata (p.e. contratto AIOP), come invece previsto per altre figure professionali (p.e. il fisioterapista).
Quindi attualmente una possibile soluzione, può essere rappresentato dalla stipula di un "CCNL applicato agli impianti sportivi", che rappresenta un tipo di contratto a tempo indeterminato con inquadramento al III livello e che può essere stipulato all’interno di strutture riabilitative ambulatoriali private.
Questa collocazione inoltre non garantisce soltanto una maggiore sicurezza dal punto di vista medico-legale, ma può anche consentire di utilizzare e valorizzare al meglio le specifiche peculiarità di questa professione.
Infatti dal punto di vista strettamente tecnico-professionale, il ruolo del laureato in scienze motorie è invece decisamente ampio e ben definibile.
Utilizzando una definizione estremamente generica e sintetica, possiamo dire che il laureato in scienze motorie:
• ha competenze relative alle caratteristiche funzionali del muscolo, in tutte le sue forme (contrattilità, forza, velocità, estensibilità, controllo neurale, ecc.) ed alle corrispondenti tecniche di allenamento del muscolo, considerato quindi nella sua complessità di "sistema".
• ha competenze relative all’attività educazionale sia al gesto sportivo, che a livello ergonomico generale.
Come si vede si tratta di competenze estremamente vaste ed omnicomprensive, che quindi riteniamo utile possano inserirsi in un contesto di tipo organizzato, pluridisciplinare e multifunzionale in modo non solo da evitare inutili sovrapposizioni di ruoli (a scapito dell’efficienza ed a rischio di illegalità), ma anche in modo da poterne utilizzare al meglio tutte le potenzialità tecniche.
Il laureato in scienze motorie all’interno di un centro di riabilitazione ambulatoriale
Il nostro modello di organizzazione di un centro riabilitativo ambulatoriale complesso si propone quindi di anteporre l’organizzazione funzionale a quella strutturale, in modo cioè che spazi, strutture, attrezzature siano specificamente funzionali all’organizzazione progettata e non viceversa.
Nell’ambito di questa organizzazione funzionale un ruolo centrale è ovviamente svolto dall’"equipe riabilitativa"; il nostro modello di equipe è quello non tanto di un aggregazione "multidisciplinare" di professionisti diversi, uniti solo dalla condivisione dello stesso luogo di lavoro, ma quello invece di una aggregazione di tipo "sistemico"in cui attraverso una formazione comune e continua di tutte le differenti professionalità, si giunge ad una ottimale divisione dei ruoli, delimitazione dei confini operativi, con l’obbiettivo condiviso di "co-costruire" un progetto terapeutico riabilitativo che tenga conto non solo degli aspetti clinico-biologici, ma anche di quelli psicologici e sociali del paziente.
In sintesi quindi l’organizzazione funzionale di un centro dovrebbe porsi come obiettivi:
• approccio globale al paziente (dalla valutazione alla terapia) effettuato in equipe, tramite specifica formazione
• bilanciamento tra necessità terapeutiche ed aspettative del paziente
• suddivisione del trattamento in fasi
• strutture ed attrezzature integrate al trattamento globale ed alle caratteristiche dell’equipe, tramite suddivisione in aree funzionali.
Nell’ambito di questo modello organizzativo, il piano di trattamento, elaborato nell’area valutativa (tenendo conto anche delle aspettative del paziente), viene suddiviso in fasi.
Le diverse figure professionali dell’area attuativa (tra cui appunto quella del laureato in scienze motorie) interagiscono nell’attuazione delle differenti fasi del trattamento, a seconda delle aree funzionali interessate ed utilizzando le corrispondenti strutture, in base alle specifiche competenze.
Durante il percorso riabilitativo il risultato delle terapie applicate viene monitorizzato dagli attuatori (tramite valutazioni funzionali, tests, strumentazioni, ecc.) e quindi comunicato ai valutatori iniziali, in modo da definire il proseguo del trattamento (dimissione, rivalutazione diagnostica, modifica piano terapeutico, ecc.).
Posto che il laureato in scienze motorie date le sue competenze può integrarsi in molte delle aree funzionali attuative suddette, il suo ruolo fondamentale si individua precipuamente all’interno della "palestra riabilitativa".
Vediamo quindi in conclusione quali possono essere i compiti effettivi e le fasi di competenza del laureato in scienze motorie analizzando in concreto alcuni tipi di protocolli riabilitativi.
Consideriamo come primo esempio un piano di trattamento specifico elaborato per la rieducazione del ginocchio dopo ricostruzione del legamento crociato anteriore.
Si è evidenziato come, dopo una prima fase strettamente fisiatrica, il trattamento altro non è che un graduale allenamento della muscolatura di un arto che ha perso il suo trofismo muscolare e per l’atleta anche un riallenamento delle capacità sport specifiche: tutti compiti che dovrebbero essere di competenza del laureato in scienze motorie.
Inoltre va evidenziata anche l’importanza dell’approccio psicologico in tutte le fasi della rieducazione ed anche qui il laureato in scienze motorie, che ha nel suo bagaglio di formazione studi di psicologia può rivestire un ruolo decisivo.
Nel caso infine p.e. di una instabilità cronica di caviglia, sappiamo che ad una lassità meccanica post-traumatica si associa una conseguente insufficienza delle strutture dinamiche di "stabilizzazione". Pertanto, dimostrato che un ruolo cardine spetta alla riabilitazione propriocettiva, l’intero processo terapeutico post-traumatico si fonda sul training neuromuscolare, preventivo, sportivo, riabilitativo.