Genitori allo stadio
articolo di Giulia Spagnesi e Sara Rossi
«Sono sempre stato del parere che se si deve essere un esempio per gli altri ci si deve anche comportare bene. Quando andavo all’oratorio non bastava essere bravi per giocare in squadra, ci si doveva sempre comportare bene. Poi diventa un’abitudine.» (Giacinto Facchetti)
Caro genitore, caro insegnante, caro allenatore, caro sportivo, caro studente,
ti offriamo, senza offesa, un piccolo compendio semiserio delle tipologie di “genitori da stadio”, intendendo con “stadio” tutti quei luoghi nei quali i genitori vanno ad assistere alle imprese sportive dei loro ragazzi. Il nostro intento è quello di farti riflettere su come tante buonissime intenzioni (lo sport fa bene, aiuta la crescita, migliora il carattere, aggrega, educa alla sconfitta, etc. etc…) finiscano dimenticate al primo diverbio con l’allenatore, offuscate alla vista dell’odioso arbitro e disprezzate di fronte al primo insuccesso del giovane atleta e della sua squadra.
Questo certo senza voler in alcun modo condannare tutti quei genitori che pazientemente sabato dopo sabato, domenica dopo domenica si sacrificano per accompagnare e incitare i propri figli anche in trasferta. Siamo più che convinti che il loro ruolo sia fondamentale e insostituibile nella scelta e nella pratica sportiva del ragazzo. Non bisogna mai dimenticare infatti il ruolo centrale di mamma e papà nella formazione del carattere del figlio e che il loro esempio può diventare un pratico insegnamento di vita. Proprio per questo vogliamo sottolineare quei comportamenti che non aiutano la crescita dei ragazzi, ma piuttosto vanificano la loro passione per il gioco e, soprattutto, costituiscono un pessimo modello educativo.
Lo sport, a nostro avviso, dovrebbe essere vissuto come ulteriore strumento di formazione e non solo come una competizione estrema che ne escluda l’elemento ludico e gioioso. Per di più dovrebbe essere insegnato che il risultato è importante quanto l’impegno e il divertimento, e che l’avversario non deve essere odiato, ma rispettato e ammirato per le sue qualità. Talvolta tutto questo viene perso di vista, e le conseguenze possono essere anche molto preoccupanti: lo sport si tramuta in stress e come tutte le attività stressanti è vissuto come un incubo da cui fuggire.
Il genitore mister
Caratteristiche
Il genitore mister è facilmente riconoscibile: per tutta la partita urla consigli tecnici, tanto al figlio quanto ai compagni di squadra e, soprattutto, all’allenatore ufficiale. È fermamente convinto che tutto andrebbe meglio se le operazioni sul campo fossero dirette da lui, visto che l’altro (il coach reale), ovviamente, è senza dubbio un incompetente raccomandato da qualcuno. Così per l’intera durata del match, che sia di calcio o basket non importa, snocciola schemi, azioni, mosse e metodi per fregare l’arbitro e gli avversari. Per il genitore mister conta unicamente il risultato.
Se questo è negativo chiaramente il colpevole è uno solo, per la formazione, la tattica (se è a uomo doveva essere a zona e viceversa) e le sostituzioni poco strategiche. I giocatori potevano essere infatti sfruttati meglio e non hanno nessuna colpa: «Del resto, messi in campo così male…». Se invece i bambini vincono il merito è tutto loro. Le critiche mosse all’allenatore ufficiale passano spesso il limite, sia della decenza sia dei decibel. Anche a casa e prima e dopo la partita o la gara il genitore mister non manca di riempire la testa del figlio con ottimi consigli da mettere in pratica anche contro il volere dell’allenatore.
Conseguenze
Il genitore mister non aiuta il figlio a imparare a rispettare le scelte tecniche dell’allenatore, anche se queste a prima vista possono sembrare discutibili. A differenza di quanto non accada tra i professionisti, il coach di ragazzini ha come scopo non soltanto il risultato ma soprattutto la valorizzazione di ogni singolo giocatore e la sua personale crescita sportiva. Per questo tutti troveranno sempre posto in squadra e ognuno potrà dare il suo contributo in proporzione alle sue capacità tecniche.
Inoltre, l’allenatore, se non denigrato, potrebbe diventare per il giovane un ulteriore modello educativo da cui prendere esempio e di cui fidarsi, e non soltanto a livello agonistico. Questa possibilità viene negata dalle pesanti critiche del genitore che forse non accetta di essere relegato solo nel ruolo di spettatore. Per di più se il ragazzino non impara ad accettare le decisioni del mister (quello vero) proseguendo la carriera sportiva incontrerà sempre più difficoltà. Nelle peggiori delle ipotesi questa insofferenza per l’autorità potrebbe ripercuotersi anche nella vita di tutti i giorni.
Il genitore apprensivo
Caratteristiche
Il genitore apprensivo si riconosce da certi atteggiamenti tipici che lo caratterizzano. Permette al figlio di praticare uno sport solo perché spinto dalle pressanti richieste del pediatra. Di conseguenza, non è assolutamente convinto che quello che «il suo bambino» sta facendo possa davvero migliorare la sua salute e, anzi, è piuttosto terrorizzato dalle conseguenze negative: «Con tutto quel sudore al primo colpo d’aria mi prende la polmonite…». Trasmette ansia a tutti i vicini con domande insistenti e spesso prive di senso logico, non urla, difficilmente inveisce e nella restante parte del tempo prega che non succeda nulla.
È uno fra i terrori dell’allenatore, braccato per avere rassicurazioni sulle condizioni fisiche del figlio e sulla sicurezza dello sport. Diventa anche l’incubo del ragazzino: infatti il genitore apprensivo lo segue e insegue ovunque, con l’accappatoio in piscina, con il giubbotto fuori dal campo, con ginocchiere e altre protezioni prima delle gare, degli allenamenti e delle partite. Se lo sport è all’aperto e piove inizia a chiedere il rinvio causa maltempo o la sospensione.
Se il piccolo sportivo subisce un infortunio, seppur lieve, grida al 118 e al «Te l’avevo detto io che è pericoloso…», disperandosi senza fine. L’apprensivo è l’unico nella categoria dei genitori che non tifa con estremo entusiasmo e spera segretamente che il figlio si stanchi dello sport e torni a un’attività più sicura.
Conseguenze
Il genitore apprensivo spesso riesce nella sua opera di convinzione e ottiene che il figlio abbandoni l’attività sportiva. È molto facile che il ragazzino finisca per assorbire gli stessi assurdi timori e che si convinca veramente che lo sport sia pericoloso. Inoltre vedendo i suoi compagni praticarlo con normalità può pensare di essere cagionevole di salute e, quindi, non in grado di fare ciò che fanno loro. In realtà soltanto certe discipline – e soltanto a certi livelli – possono diventare rischiose per la salute: una regolare attività migliora davvero la salute psicofisica. Insomma «mens sana in corpore sano». Senza dimenticare l’importanza dello sport per la formazione del carattere, la scoperta dell’amicizia e del gioco di squadra.
Il genitore urlatore
Caratteristiche
Il genitore urlatore è forse quello più comune da incontrare sulle gradinate delle tribune. Per trovarlo basta entrare nello stadio o nel palazzetto e seguirne le urla e le imprecazioni. Segue la maggior parte della partita o della gara in piedi, spesso è paonazzo e alla fine sarà più stanco degli atleti. Le sue urla sono di vario genere e rivolte a persone diverse: principalmente verso l’arbitro, apostrofato con i peggiori epiteti, i guardalinee, gli avversari e, perché no, la tifoseria opposta.
Non è dotato del senso della misura, né dell’autocontrollo. Un’altissima percentuale delle sue parole sono irripetibili e terribilmente offensive. Nei casi peggiori l’urlatore non si trattiene da insulti razziali o personali, ad esempio contro le madri o le mogli degli arbitri. Generalmente questo tipo di genitore non differenzia la prova sportiva del figlio da quella di una squadra professionista, ma anzi si dimentica che a giocare sono dei bambini o ragazzini.
Si propone come promotore dell’animazione della tifoseria e organizzatore di cori e striscioni. Cerca sempre di coinvolgere gli altri genitori nelle proteste e nel supporto dei giocatori, anche se l’attenzione è tutta rivolta agli avversari. Ha un carattere piuttosto litigioso e se contraddetto tende ad aggredire.
Conseguenze
Il genitore urlatore insegna al figlio a non rispettare l’avversario, le tifoserie e gli arbitri, attaccati sia dal punto di vista sportivo sia sul piano personale. L’insulto diventa così la norma. In questo modo viene persa di vista la finalità del gioco e più in generale dell’attività sportiva. La rabbia del genitore investe anche il figlio e non gli permette di apprezzare le qualità dell’avversario e di vivere con serenità il momento agonistico. Il rischio maggiore è che il ragazzino apprenda che è giusto offendere gli altri, perdere l’autocontrollo e diventare litigiosi e aggressivi.
C’è anche da ricordare che sia gli arbitri, sia i guardalinee sono persone: come tutti possono sbagliare ma non per questo meritano di essere privati della loro dignità. Anche l’errore arbitrale deve essere sdrammatizzato per far emergere che è importante il divertimento, il gioco fatto con passione e impegno insieme ai compagni e non necessariamente solo la vittoria.
Il genitore ipercritico
Il genitore ipercritico è quello che, al contrario dei più, tende a colpevolizzare degli insuccessi agonistici il proprio figlio. La responsabilità non è imputabile mai né agli arbitri, né all’allenatore, né alla qualità dell’avversario, la causa della sconfitta ricade interamente sulle spalle del povero sportivo in erba. Anche il successo è sempre migliorabile, non bisogna mai accontentarsi: una buona prestazione è solo il dovere del ragazzo.
A bordo campo o fuori dalla piscina il genitore ipercritico non sposta nemmeno per un attimo l’attenzione dalle gesta del figlio, pronto a coglierne gli errori e le mancanze da, ovviamente, rimarcare una volta terminata la competizione.
A volte, purtroppo, non aspetta nemmeno di essere arrivato in macchina per elencare la lunga lista di sbagli e inesattezze tecniche. Controlla sempre le prestazioni del figlio e possibilmente le compara con le precedenti per osservare i miglioramenti, pochi, e i peggioramenti, molti. Presta attenzione alla dieta del figlio, controlla che non salti nessun allenamento e che sia sempre in forma. Punta tutto sul sacrificio e non ne valorizza i meriti.
Conseguenze
Il genitore ipercritico rischia di minare l’autostima del figlio e di spingerlo a odiare lo sport perché rappresenta per lui uno stress continuo. Infatti un comportamento troppo pressante può portare il ragazzo, ogni volta che pratica attività fisica, a pensare solo a non deludere le aspettative. Si perde così il senso ludico della pratica sportiva, che diventa solo ricerca di perfezione. Inoltre, essere rimproverato aspramente davanti ai compagni – solitamente lodati dai genitori – può creare nel giovane sportivo un pesante senso di frustrazione e inadeguatezza.
Il genitore fashion-addicted
Caratteristiche
Il genitore fashion addicted spicca tra gli altri genitori per lo stile impeccabile dell’abbigliamento e degli accessori. È sempre super-informato sulle ultime tendenze e veste sempre come se dovesse sfilare per i maggiori stilisti. Di conseguenza anche il figlio è facilmente individuabile: se ha una divisa fornita dalla società, il suo punto forte saranno le scarpe – più di un paio a stagione, in base ai ritrovati tecnici e all’abbinamento di colori – l’accappatoio per il dopo-doccia, la borsa e ovviamente i vestiti pre e post attività fisica.
Se invece gli atleti non hanno vincoli di abbigliamento (come ad esempio accade nel tennis) il genitore fashion addicted si scatena: compra al figlio allora solo costosissimi completi griffati, a volte dimenticandone la praticità a vantaggio dell’estetica. Ingaggia duelli furibondi all’ultimo modello, incupendosi se qualcun altro lo precede nello sfoggio di marche pubblicizzate da famosi sportivi. Un’altra sua fissazione è per il peso corporeo dello sportivo in erba, ogni aumento è visto come un’infrazione terribile a cui porre rimedio il più rapidamente possibile.
L’attenzione all’estetica è particolarmente accentuata in tutti quegli sport dove la cura del corpo e dell’abbigliamento assume una valenza anche per la determinazione del punteggio (ad esempio nella danza, nel pattinaggio e nella ginnastica artistica).
Conseguenze
Il genitore fashion addicted sposta tutta l’attenzione sulla bellezza e sull’importanza dell’apparenza nel presentarsi agli altri. Trasmette così al figlio la convinzione che l’aspetto esteriore sia determinante nel relazionarsi agli altri e fondamentale anche nello sport. Un tale atteggiamento può portare il ragazzo a emarginare i compagni, e più in generale le persone, che per scelta o per necessità non comprano capi e accessori firmati.
La discriminazione non dovrebbe assolutamente far parte dello sport, anzi, l’attività sportiva dovrebbe promuovere altri valori (amicizia, lealtà, competizione agonistica etc. etc.) e garantire a tutti la possibilità di essere se stessi. Inoltre, anche se in certe discipline il peso e l’abbigliamento sono rilevanti, non devono diventare lo scopo e il punto di arrivo di ogni sforzo. In particolare è necessario essere prudenti nel controllo della dieta, di modo che l’attenzione alla linea non diventi una malattia.
Per di più soltanto pochi tra quelli che praticano sport hanno le possibilità, la dedizione e le capacità per affermarsi, proprio per questo l’attività fisica in età scolare (soprattutto quella a livello amatoriale) dovrebbe essere vissuta come un momento ricreativo e non come privazione di altre gioie (una succulenta merenda con gli amici).
Il genitore del campione
Caratteristiche
Il genitore del campione è quello che parla del proprio figlio come se fosse il nuovo Maradona, Micheal Jordan, Carl Lewis, ect., ect. Non importa se veramente il ragazzino sia un campione, lo è agli occhi del genitore e per questo deve esserlo anche a quelli degli altri. Se il figlio davvero ha delle capacità da non sottovalutare, l’ego del genitore cresce a dismisura.
Per questo non capirà mai quando e perché dovrà essere sostituito, o, peggio ancora, quando sarà soltanto una riserva. Se invece il piccolo sportivo non dimostra particolari doti, ugualmente il genitore non si arrende all’evidenza, ma afferma: «deve solo trovare la sua strada, poi vedrai dove arriverà!». Preso dalla smania di individuare il percorso finalmente adeguato alle indiscutibili doti del figlio lo trascina di sport in sport, senza requie.
In qualunque campo o palestra, comunque, ossessiona gli altri genitori con le prodezze del figlio, e elogi interminabili; durante gli incontri e le gare non mancherà di scagliarsi contro gli altri bambini colpevoli di non mettere il campione al centro di tutte le azioni. Ogni errore sarebbe stato evitabile se a gestire il gioco fosse stato il suo erede. Il sogno di questo genitore è quello di vedere il figlio, un giorno, con i colori della nazionale e spesso calibra tutta la sua educazione sulla sua gloria futura.
A volte tale desiderio nasce da una sua delusione personale: in certi casi infatti è lo stesso genitore ad aver aspirato in gioventù alla carriera sportiva, ma senza successo, così il figlio è costretto ad assumersi l’ingrato compito di cancellare il suo rimpianto. Così non è affatto difficile che il genitore scelga l’attività da lui praticata per il ragazzino, indipendentemente dalle sue preferenze o predisposizioni.
Conseguenze
Il genitore del campione tende a perdere di vista la realtà, caricando il figlio del peso delle sue aspettative. Il ragazzino a sua volta vede attraverso le stesse lenti deformanti, per questo si crede davvero un campione, rischiando di sbattere contro la dura realtà nel caso in cui non lo sia veramente.
Semmai dovesse invece avere delle doti particolarmente sviluppate, il suo atteggiamento sarebbe comunque sbagliato: convinto di aver già raggiunto la perfezione difficilmente si metterebbe in discussione e si impegnerebbe per migliorarsi. Inoltre la convinzione di essere il leader non favorisce una corretta visione del gioco e la comprensione dell’importanza del gruppo e della squadra.
A questo punto pensiamo di aver esaurito la nostra carrellata di “genitori da stadio”. Speriamo che nessuno si senta offeso dall’ironia con cui è stata pensata e scritta. Concludiamo elencando le caratteristiche tipiche del GENITORE IDEALE, confidando che la maggior parte di voi si riconosca in quest’ultima descrizione.
Il genitore ideale
Il genitore ideale è quello che intende lo sport come momento formativo ed educativo. Asseconda i gusti e le passioni del figlio, lo incita e ne apprezza e valorizza l’impegno e la sana competizione agonistica (che fa parte comunque dello sport e non deve essere necessariamente stigmatizzata). Quando perde lo rassicura e lo sprona a non abbattersi ma a reagire e a cercare di migliorarsi: «In fondo, anche una sconfitta può essere veramente istruttiva». Non urla, non insulta, non protesta e se lo fa usa toni pacati e solo nell’interesse del figlio. È consapevole che arbitro, allenatore, avversari e compagni sono umani e per questo possono sbagliare. Insegna ad ammirare il lavoro degli altri e a rispettarlo.
Spiega il valore dello sport come impegno, divertimento, passione e occasione di nuove conoscenze. Evita di caricare il figlio delle proprie aspettative, non gli impone risultati o obiettivi e non basa il suo rapporto con lui a seconda delle vittorie ottenute. Valorizza il gioco di squadra e l’importanza del team, dell’allenatore e dell’intesa con lui e con i compagni. Se il figlio ha effettivamente delle capacità sportive ne è orgoglioso ma non le ostenta eccessivamente e lo educa a essere modesto e a stimare gli altri indipendentemente dalle loro capacità.