Doping in Russia, scandalo di Stato
Lo scandalo del doping in Russia diventa un caso politico, come era prevedibile: il doping, infatti, era coperto e favorito dallo Stato, e non solo per l'atletica leggera. Lo ha stabilito il rapporto dell'agenzia Mondiale antidoping, la Wada, secondo cui il sistema di falsificazione dei test era stato ordinato dalle autorità politiche.
Secondo il rapporto, redatto dal team guidato dall'avvocato canadese Richard McLaren, il laboratorio di Sochi in particolare falsificò provette e test per consentire ad atleti russi dopati di competere ai Giochi invernali del 2014, e tutto sotto indicazione del ministro dello sport di Mosca, con il controllo dei servizi segreti. Il tutto per almeno 312 casi. Una macchina perfettamente oliata e coordinata messa in piedi dal ministero dello Sport con Vancouver nel 2010 e che presto ha coinvolto praticamente tutti gli sport.
A capo del sistema di falsificazione dei test antidoping per gli atleti russi, tra 2010 e 2015, c'era il ministero dello sport di Mosca, con la collaborazione dei servizi di sicurezza (l'Fsb, ex Kgb) e del centro nazionale di preparazione del Team Russia. L'Fsb, si legge nel rapporto, aveva creato una vera e propria "banca delle urine pulite". Gli atleti scelti dovevano raccogliere il liquido lontano dai periodi di utilizzo delle sostanze dopanti che poi venivan congelato e collocato all'interno della stessa agenzia a Sochi, pronta per attingervi quando c'era da scambiare il campione. Per assicurarsi che il peso specifico del campione "pulito" corrispondesse a quello dell'originale, si aggiungeva sale da cucina per aumentarne la densità, o acqua distillata per diluirla.
Il rapporto conferma dunque le denunce dell'ex direttore del laboratorio antidoping russo, Grigory Rodchenkov, fuggito negli Usa dopo la morte in circostanze poco chiare di due colleghi. McLaren garantisce che le principali conclusioni del suo rappporto sono supportate da prove e ha definito «metodo di sparizione dei casi positivi» il modo in cui i test sfavorevoli agli atleti russi venivano cancellati.
Un caso che rischia di sconvolgere il mondo dello sport mondiale: la Wada, per voce del suo presidente, Sir Craig Reedie, ha chiesto al Cio e al Comitato paralimpico internazionale «di prendere in considerazione la possibilità di negare l'accesso, a Rio2016, di tutti gli atleti russi. Per di più, qualsiasi partecipazione di un atleta russo dovrebbe avvenire sotto una bandiera neutrale e seguendo criteri molto ristretti». Inoltre l'Agenzia chiede di bandire tutti i dirigenti russi dalle competizioni internazionali, comprese le Olimpiadi. Un invito subito raccolto dal Cremlino che ha annunciato di aver provveduto alla sospensione dei dirigenti citati nel rapporto. Il presidente del Cio, il tedesco Thomas Bach ha detto che il comitato olimpico «non esiterà ad adottare le misure più severe possibili nei confronti di quanti sono stati implicati nel doping di stato russo».
Gli ha fatto eco il Presidente del CIO, il tedesco Thomas Bach: «Il Cio non esiterà a prendere le più dure sanzioni a disposizione contro ogni individuo o organismo implicato». Il Comitato olimpico aggiunge che in queste ore «studierà con attenzione queste complesse e dettagliate accuse" nel rapporto appena ricevuto dalla commissione McLaren, in particolare «in relazione al ministero russo dello sport».
Uno scandalo senza precedenti che potrebbe avere conseguenti pesantissime sul movimento sportivo agonistico mondiale. Come ha fatto sapere il Cremlino: «Il movimento olimpico, che ha un colossale ruolo unificatore per l'umanità, potrebbe di nuovo trovarsi sull'orlo di una scissione»; una situazione che rievoca involontariamente un'analogia con l'inizio degli anni '80", quando "molti Paesi dell'Occidente per l'intervento delle truppe sovietiche in Afghanistan boicottarono le Olimpiadi di Mosca, e quattro anni dopo l'Urss per ritorsione rispose con il boicottaggio dei Giochi di Los Angeles.