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Allenare lo scatto


È credenza comune che per compiere uno scatto l’energia necessaria derivi quasi totalmente dal meccanismo energetico anaerobico alattacido; recenti studi, invece, dimostrano che, già nella prima fase del gesto, una percentuale considerevole di energia derivi dal meccanismo energetico anaerobico lattacido, ovvero quello nel quale vi è la produzione di acido lattico. La produzione di acido lattico, scrive Enrico Arcelli sulle pagine di Correre n. 290, «è tanto maggiore quanto più lungo è lo scatto e quanto più veloce l’atleta».

 

Nelle varie discipline dell’atletica lo scatto riguarda la sola fase di partenza: i meccanismi che lo regolano entrano in funzione una volta soltanto. Concentriamoci sulla gara dei 100 metri: se il meccanismo alattacido raggiunge la sua potenza già dopo 0.1-0.5 secondi dalla partenza, l’energia sviluppata dal meccanismo lattacido interviene molto più rapidamente di quanto si pensi. Dopo circa 5 secondi, infatti, il meccanismo alattacido giunge all’esaurimento, in coincidenza con il raggiungimento della velocità massima (attorno ai 40 metri); ma a quel punto è già massimo anche il livello del meccanismo lattacido, che, grazie a quello aerobico, trasforma l’ossigeno in massima potenza sviluppabile ai fini della progressione e della conclusione del gesto. Come scrivono Arcelli e Mambretti ne La corsa dei 100 metri: un’ipotesi sull’intervento dei diversi meccanismi energetici, in Nuova Atletica vol. 35 del 2007, il valore massimo raggiunto dal lavoro lattacido in una gara professionistica dei 100 metri avviene già dopo 0,8 secondi

 

Nei giochi di squadra la situazione cambia in maniera sostanziale: allo scatto iniziale, cui può far seguito una fase di impegno ridotto, si avvicendano ulteriori scatti e cambi di ritmo. Tuttavia, spiega Arcelli, «né il debito alattacido né quello lattacido possono essere pagati tra uno scatto e l’altro. Il giocatore, dunque, compie il secondo scatto partendo già da un debito di ossigeno. Poiché le scorte di energia alattacida (ATP preformato e fosfocreatina) non sono state ricostruite totalmente, ma soltanto per metà, qualora ci fosse stata una fase di recupero di 30 secondi e in una percentuale maggiore o minore a seconda che la pausa sia stata più lunga o più corta, il giocatore dovrà trarre una percentuale dell’energia che serve ai suoi muscoli per il successivo scatto dal meccanismo lattacido». Nei giochi di squadra la capacità di ripetere scatti a brevi intervalli di distanza è chiamata RSA - Repeated Sprint Ability (letteralmente Abilità di ripetere sprint nel tempo).

 

È provato da vari test come quello di Capanna (6 ripetizioni di 40 metri, con i primi 20 in una direzione e i secondi 20 in quella contraria e 20 secondi di recupero) che anche quando il giocatore ha a disposizione un tempo per il recupero da uno sprint all’altro, la sua velocità media diminuisce da una ripetizione alla successiva. Per questo la corretta valutazione dell’RSA permette di pianificare un allenamento aerobico in grado di "educare" il nostro apparato muscolare a ricostruire più velocemente fosfocreatina, ben disporre del patrimonio di ossigeno contenuto nella mioglobina ed eliminare il lattato dal sangue. Perché con una potenza aerobica ben sviluppata è più facile ripagare i debiti di ossigeno.

 

Come allenare un atleta al perfezionamento dello scatto? Come spiega un articolo di my-personaltrainer.it «in allenamento la capacità di sprint viene allenata attraverso ripetute di 30-40 metri con partenza da fermo o da corsa lenta. In questo modo si stimola contemporaneamente anche il miglioramento della capacità di accelerazione». 

 

Se il riferimento più valido per determinare il giudizio è il tempo impiegato a percorrere le distanze richieste, sarà utile per il docente valutare in particolar modo l’esecuzione dello scatto e la rapidità con cui l’allievo riesce a raggiungere un’adeguata velocità. 

 

Utilizziamo le tabelle, messe a punto con la collaborazione del prof. Mottola, scaricabili in fondo alla pagina: la prima tabella è rivolta agli studenti delle scuole secondarie di I grado, la seconda è rivolta a quelli delle scuole superiori. Pianifichiamo una sessione di allenamento suddividendola in tre categorie: rapidità, velocità e gara.

 

In particolar modo:

- nella colonna Rapidità si consiglia di valutare la pura esecuzione del gesto

- nella colonna Velocità si consiglia di prestare maggiore attenzione alla progressione effettuata dopo lo scatto

- nella colonna Gara si consiglia di valutare la capacità di esecuzione nel contesto agonistico. 

Si consideri che sotto i 4 secondi sui 30 metri, siamo in presenza di velocisti veri. 

 

 
 
 
Ai blocchi di partenza
 

Anche se già ai tempi dell’antica Grecia si usavano blocchi di pietra per consentire l’appoggio dei piedi, i blocchi di partenza sono un’invenzione recente: furono introdotti in atletica nel 1927 da George Bresnahan e William Tuttle, rispettivamente assistente di Educazione fisica e docente di fisiologia all’Università dello Iowa. 

George Simpson, il 9 giugno 1929, fu il primo atleta a farne uso duranti i campionati NCAA; solo 10 anni dopo la commissione tecnica della IAAF autorizzò l’uso dei blocchi, dando via ad una vera rivoluzione delle tecniche di scatto e partenza nelle gare di atletica leggera. Prima di allora gli atleti sistemavano i piedi in due buchette da loro stessi scavate nella terra battuta o partivano in piedi.

 
 
 

 

 

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