IL JEET KUNE DO
1. IL JEET KUNE DO
1.1 ORIGINI
Il Jeet Kune Do è un approccio alle arti marziali sviluppato da Bruce Lee alla fine degli anni Sessanta; letteralmente significa “Via del pugno che intercetta” e presenta molte analogie con il Wing Tsun[1], il Kung Fu, ma anche il pugilato e la scherma. Gradualmente Bruce Lee passò dal sistema da lui chiamato non-classical Gung Fu[2] al Jun Fan Gung Fu[3], ed eliminando ogni schema classico, concepì una nuova visione filosofica delle arti marziali, volta all’efficacia e in continua evoluzione.
Il JKD (acronimo di Jeet Kune Do) non è un metodo, è più un atteggiamento mentale, una visione filosofica e uno studio della realtà del combattimento, e si esplica in un allenamento psicofisico tecnico e tattico volto alla semplicità e all’efficacia nell’azione. Dalle parole dello stesso Bruce Lee: «Le vere osservazioni iniziano quando cominci a sbarazzarti di inquadramenti e modelli precostituiti e la libertà di espressione avviene quando si è oltre gli stili, i metodi, i sistemi, e le organizzazioni. JKD è allenamento e disciplina verso la realtà definitiva nel combattimento. La definitiva realtà è il ritornare alla primaria libertà di ciascuno, che è semplice, diretta e non classica[4]».
La prerogativa del JKD è «prendere ciò che è utile e rigettare ciò che non lo è[5]»; nel far ciò Bruce Lee compie un’analisi scientifica e dettagliata del combattimento in ogni ambito e nei suoi minimi particolari, prendendo in considerazione le molteplici aree di lavoro sviluppate: i colpi, l’attacco, la difesa e le caratteristiche fisiche, psichiche e attitudinali che deve sviluppare un buon lottatore. Il Jeet Kune Do è definito come uno “stile senza stile” infatti, a differenza di altre arti marziali tradizionali, non esistono regole fisse, né pattern prestabiliti, ma al contrario, una filosofia sulla quale devono essere basate tutte le proprie azioni. Infatti nel JKD si riscontra la totale assenza di kata[6], taolu[7], schemi o tecniche stabilite, in quanto non potevano risultare efficaci nei combattimenti reali, dinamici e in continuo divenire.
Lo stile del Jeet Kune Do si compone di movimenti di ampiezza minima che, grazie all’elevata velocità di esecuzione, permettono di massimizzare il risultato. Il sistema ricorre all’utilizzo di diverse tecniche adeguate ad ogni situazione: ad esempio, calci, pugni, bloccaggi, contrattacchi istantanei e altri ancora; esso insegna a gestire situazioni imprevedibili e a reagire in modo appropriato, con la tecnica più adatta allo scopo di difesa in un contesto reale o sportivo.
Dalla morte di Bruce Lee, diverse scuole hanno conservato i suoi insegnamenti di arti marziali e alcune hanno rielaborato e personalizzato il sistema; ciò che deve rimanere impresso della sua eredità è l’impronta filosofica e le sue concezioni realistiche di pensiero e di vita che si riflettono nella quotidianità e nel percorso interiore di ognuno di noi[8].
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1.2 PRINCIPI FONDAMENTALI
I principi che costituiscono le fondamenta della filosofia del Jeet Kune Do sono:
-Economia strutturale nei movimenti di attacco e difesa;
-Tecniche versatili, senza attenersi ai metodi, per evitare la parzializzazione dei movimenti;
-Variazione continua del ritmo nell’attacco e contrattacco;
-Movimenti diretti nell’esecuzione delle tecniche di attacco;
-Mobilità e continuità degli spostamenti nello spazio;
-Tattiche di attacco imprevedibili e finte;
-Bilanciamento dei movimenti;
-Allenamento multidimensionale che coinvolge sia il corpo che la mente;
-Libera espressione individuale, vera comunicazione e rinuncia all’applicazione delle regole classiche;
-Condizione psicologia e interiore di equilibrio;
- Percorso continuo di crescita interiore della personalità;
- Percezione e comprensione delle situazioni a livello globale, nella loro totalità;
-Versatilità ed elasticità mentale e rilassamento interiore.
1.3 ARTI MARZIALI TRADIZIONALI E SPORT DA COMBATTIMENTO
Le arti marziali tradizionali hanno un’origine antica e si contraddistinguono per avere alla base una vera filosofia di vita che trasmette principi e valori fondamentali come il rispetto, la lealtà, la disciplina, l’umiltà, la solidarietà e la libertà. Molte discipline, quali il Kung Fu, il Karate, il Whushu, il Winchun e il Kali, consentono di realizzare un percorso di crescita interiore volto alla consapevolezza e alla conoscenza di sé stessi.
I pilastri di questo sistema hanno origine da concezioni religiose orientali che risalgono al Buddhismo, al Taoismo e al Confucianesimo; infatti è molto diffusa la pratica meditativa in affiancamento all’allenamento.
L’evoluzione sportiva di queste discipline si è concretizzata negli sport da combattimento a contatto pieno (full contact) e leggero (light contact); tra quest’ultime vi sono la Kick Boxing, la Thai Boxing, il Brasilian Jiujutsu, il Valetudo, il Judo, il Taekwondo e l’MMA (acronimo di Mixed Martial Arts).
Ognuna di esse si è specializzata in una particolare distanza del combattimento o sull’uso preponderante di una parte del corpo durante la fase di attacco (i calci nel Taekwondo, i pugni e calci della Kick Boxing, le gomitate e le ginocchiate nella Thai Boxing, la lotta a terra e le percussioni nell’MMA).Il contesto sportivo di gara si esplica in competizioni a livello dilettanti o professionisti, suddivisi per categorie di peso ed età.
Il combattimento si svolge su ring, tatami[9] o gabbia[10], con un preciso regolamento che consente solo l’uso di determinate tecniche, vieta colpi pericolosi e scandisce il tempo dell’incontro in diversi round. Un arbitro partecipa alla gara interrompendo se necessario l’azione; nel frattempo alcuni giudici osservano e valutano l’andamento dell’incontro assegnando i punti o le penalità ai due contendenti.
Le arti marziali e gli sport da combattimento hanno quindi scopi ben diversi: le prime sono improntate sulla difesa personale e insegnano tecniche pratiche ed efficaci per evadere o reagire a situazioni reali pericolose; i secondi hanno unico fine sportivo e competitivo. La diversità è evidente nei tempi di apprendimento (più ridotti nella difesa personale) e negli esercizi utili a rendere istintive e funzionali le tecniche acquisite, in modo da renderle applicabili in una dinamica più semplice, diretta e veloce, basata su reali situazioni di pericolo e aggressione dove non esistono regole e autocontrollo da parte dell’avversario.
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Credito: iStockphoto/Kemter
[1] Il Wing Tsun o Wing Chun è un’arte marziale originaria della Cina del Sud e fa parte degli stili del Kung Fu. I suoi principi si basano sull’essenzialità e la semplicità dei movimenti per contrastare un’aggressione.
[2] Il Non Classical Gung Fu è il nome della scuola nata dall’allievo di Bruce Lee Jesse Glover, che mantenendo le basi del Wing Chun, rielabora lo stile in modo personalizzato.
[3] Il Jun Fun Gung Fu è il nome della scuola che nasce a Seattle dagli allievi di Bruce Lee Jesse Glover e Taki Kimura.
[4] B. Lee, The Tao of Kung Fu, 1997.
[5]B. Lee, Manuale pratico del Jeet Kune Do, 1975.
[6] I kata sono una serie di movimenti codificati facenti parte di tecniche di combattimento tipici delle arti marziali giapponesi.
[7] I taolu sono una serie di movimenti codificati tipici delle arti marziali cinesi.
[8] Vedi cap. 2, I destinatari e gli obiettivi della sperimentazione.
[9] Il tatami è un tappeto utilizzato nel regolamento di alcune arti marziali come Judo, Sandà, Karate.
[10] La gabbia è una struttura utilizzata per i combattimenti di MMA, costituita da pannelli disposti ad ottagono.